Una nuova ricerca pubblicata sulla prestigiosa rivista Archeometry riaccende il dibattito sulla Sacra Sindone, il celebre lenzuolo di lino custodito nel Duomo di Torino e venerato da secoli come possibile sudario di Gesù Cristo. Lo studio, guidato dal brasiliano Cicero Moraes, propone un’ipotesi sorprendente: l’immagine impressa non sarebbe il risultato del contatto con un corpo umano, bensì di un drappeggio su una scultura in bassorilievo. Una tesi che ha suscitato reazioni contrastanti nel mondo accademico e tra gli studiosi della Sindone.
La notizia parte dalla pubblicazione, su una rivista scientifica di grande prestigio come Archeometry, di una ricerca guidata dal brasiliano Cicero Moraes. I risultati ottenuti hanno riacceso i riflettori su quello che sappiamo essere uno degli oggetti più simbolici della cristianità: la Sacra Sindone, visibile nell’immagine. Si tratta di un lenzuolo di lino lungo 4,41 metri e largo 1,13, custodito nel Duomo di Torino, che da secoli è oggetto di venerazione ma anche di accese controversie scientifiche.
Secondo la simulazione tridimensionale realizzata da Moraes, l’immagine impressa sulla Sindone non deriverebbe dal contatto con un cadavere umano, ma dal drappeggio del tessuto su una scultura in bassorilievo. Moraes, noto a livello internazionale per le sue ricostruzioni facciali di personaggi storici, ha ideato e condotto due esperimenti paralleli. Nel primo ha adagiato virtualmente il telo su un corpo umano tridimensionale, ricostruito digitalmente; nel secondo, invece, il tessuto è stato steso su una superficie piatta scolpita in bassorilievo.
La corrispondenza tra le immagini ottenute e la Sindone reale è risultata perfetta solo nel caso della scultura. Il drappeggio su un corpo umano produce infatti, secondo Moraes, distorsioni note come “maschera di Agamennone”, che si discostano nettamente dal risultato impresso sul lenzuolo di Torino, caratterizzato invece da una figura minuta e proporzionata.
È da questa differenza che nasce la notizia: l’immagine generata con il bassorilievo si adatta in maniera impeccabile alle fotografie storiche della Sindone, mentre quella ottenuta dal drappeggio su un corpo tridimensionale restituisce una figura gonfia e sformata, totalmente incompatibile con la raffinatezza dei dettagli osservabili sull’originale.
Moraes ha dichiarato che, persino simulando la trasposizione di pigmenti con materiali riscaldati, la matrice di una scultura resta il modello di gran lunga più attendibile per spiegare la formazione dell’immagine. Secondo il ricercatore, in epoca antica sarebbero state utilizzate matrici in legno, pietra o metallo, eventualmente con pigmenti e riscaldamento localizzato nelle aree di contatto, per ottenere l’immagine caratteristica oggi visibile sulla Sindone.
La qualità del risultato ottenuto con il bassorilievo, sottolinea l’esperto, ridurrebbe drasticamente la plausibilità dell’ipotesi secondo cui il lenzuolo avrebbe effettivamente avvolto il corpo di Gesù Cristo subito dopo la crocifissione e la flagellazione.
Moraes sottolinea inoltre un altro aspetto: nell’Europa medievale la pratica di realizzare sculture in bassorilievo, spesso destinate a usi funerari e devozionali, era ampiamente diffusa. Questo dato storico, secondo il ricercatore, potrebbe spiegare il ricorso a tecniche simili anche per la creazione dell’immagine impressa sulla Sindone.
La ricerca ha subito suscitato l’attenzione degli studiosi del settore, i cosiddetti sindonologi. Tra le opinioni più autorevoli c’è quella del professor Andrea Nicolotti dell’Università di Torino, storico del cristianesimo e noto per il suo approccio scettico alla Sindone. Pur riconoscendo la coerenza dei risultati con la letteratura scientifica già esistente, Nicolotti sottolinea un punto chiave: «Già da secoli il mondo accademico dubita fortemente che l’immagine sulla Sindone sia frutto del semplice contatto con un corpo umano».
Le analisi condotte negli anni ’80 sul tessuto, attraverso la datazione al radiocarbonio, hanno collocato la creazione del lino tra il 1260 e il 1390, in pieno Medioevo, un’epoca di grande fioritura di oggetti devozionali e reliquie iconiche, realizzate soprattutto in Francia e in Italia. Documenti d’archivio attestano, per esempio, la prima presenza della Sindone a Lirey, in Francia, presso la cappella di Goffredo di Charny intorno al 1353, confermando ulteriormente l’ipotesi di un’origine medievale. Già nel 1389 il vescovo di Troyes, Pierre d’Arcis, denunciava il manufatto, definendolo «opera della mano dell’uomo, capace di attrarre ricchi pellegrinaggi e offerte ingenti».
Questi risultati hanno inevitabilmente scosso sia il mondo dei credenti sia quello dei non credenti. Voce di segno opposto quello della professoressa Emanuela Marinelli, nota studiosa ed esperta della Sindone, da sempre favorevole alla sua autenticità.
“La Sindone – spiega Marinelli – è un lenzuolo di lino che presenta microtracce di vario genere, tra cui sangue e un’immagine. È certo che l’immagine si sia formata dopo il deposito del sangue: sciogliendo le crosticine ematiche, infatti, i fili sottostanti appaiono bianchi, privi di quell’ingiallimento che caratterizza l’immagine visibile sul telo. Per riprodurre fedelmente la Sindone e comprendere il meccanismo alla base della formazione dell’immagine, è dunque necessario considerare ogni elemento presente sul lenzuolo.”
Secondo la professoressa Marinelli, lo studio di Moraes non tiene conto di tutti i dati scientifici disponibili, selezionando solo quelli funzionali alle proprie conclusioni. La stoffa è simulata al computer e non realizzata fisicamente, e non viene affrontata la presenza di pollini mediorientali, di aloe, di mirra o dell’aragonite identica a quella delle grotte di Gerusalemme.
Non viene affrontata neppure la questione delle macchie di sangue, la cui autenticità viene respinta dall’autore dello studio. Eppure esistono lavori scientifici pubblicati su riviste referenziate che attestano la presenza di sangue coerente con quello di una vera crocifissione, appartenente a un uomo flagellato, crocifisso, coronato di spine e trafitto al costato con una lancia.
Ignorare questi elementi – prosegue Marinelli – non è metodologicamente corretto.
Secondo Moraes, l’immagine della Sindone non sarebbe compatibile con un contatto diretto con un corpo umano: un lenzuolo avvolto attorno a un cadavere produrrebbe inevitabilmente una figura deformata. Ma “nessuno sostiene – dice la Marinelli – che l’immagine sia frutto di un contatto diretto. L’immagine non è costituita dal sangue, bensì da una proiezione ortogonale del corpo. Diversi studiosi parlano di un fenomeno luminoso all’origine dell’immagine, un’ipotesi che Moraes non prende in considerazione.”
“La formazione dell’immagine – precisa la Marinelli – non dipende né dal sangue né dal sudore, e questa è ormai una certezza condivisa nel mondo scientifico. L’immagine è il risultato di un ingiallimento superficiale profondo appena un quinto di millesimo di millimetro, un effetto impossibile da riprodurre con il metodo proposto da Moraes, che resta quindi puramente teorico.”
“Lo stesso autore lo ammette: – conclude la Marinelli – il suo studio non affronta aspetti fisici o chimici relativi alla formazione dell’immagine, come la presenza di pigmenti, le analisi microscopiche o le proprietà dei materiali del tessuto, né prende in esame la dinamica dei fluidi corporei, come il flusso sanguigno. L’attenzione, sottolinea Moraes, è esclusivamente metodologica, concentrata sulla modellazione digitale e sulla valutazione comparativa dei pattern di contatto osservati.”