Lo “Scutum” o scudo romano era il principale strumento di difesa nell’equipaggiamento del legionario dell’antica Roma, che veniva utilizzato sia per parare i colpi degli avversari ma anche come arma d’attacco contundente, oltre ad essere un segno distintivo della legione o dell’unità, utile ad orientarsi sul campo di battaglia.
I primi scudi, adottati durante l’epoca monarchica, riprendevano la tradizione militare greca ed erano fondamentalmente rotondi come il Clipeus e l’Oplon.
In epoca alto repubblicana, a seguito degli scontri contro i Sabini e i Sanniti, i romani aggiornano il loro equipaggiamento e lo scudo diventa ovale, molto più alto e grande, e convesso, rimanendo di queste dimensioni, con poche variazioni, fino alla seconda metà del I secolo a.C.
In epoca imperiale, per via dell’esigenza di utilizzare delle formazioni difensive come la famosa testuggine, lo scudo evolve diventando rettangolare a tegola, con alcune variazioni nelle grandezze e nella misura, come gli scudi esagonali. In questa fase della storia romana gli scudi raggiungono il maggior livello di qualità costruttiva, sia nella struttura che negli elementi costitutivi.
Nel corso del tardo Impero, invece, gli scudi romani, sia per motivazioni economiche che produttive, ritornano ad essere dei grandi scudi tondi che proteggono la maggior parte del corpo.
Lo scudo romano in epoca monarchica
Nel periodo monarchico, i legionari romani prendono esempio dalla grande tradizione militare dei Greci. Le città della Magna Grecia, situate nell’Italia del Sud, attraverso la mediazione culturale degli Etruschi, esportano presso i romani il loro tipico scudo rotondo. Come ci conferma Plutarco, [Vita di Romolo – 21,1], i legionari utilizzano lo scudo tondo, nella misura più piccola, chiamata Clipeus e nella misura più grande, che copre quasi tutto il corpo, l’Oplon.
Si tratta di scudi piuttosto forti e robusti, realizzati prevalentemente in bronzo o in ferro, che sono tuttavia poco maneggevoli e pesanti. Infatti, lo scudo necessita nella sua parte interna di ben due punti di presa per essere utilizzato correttamente: una guida di legno chiamata “Porpax“, destinata all’avambraccio, ed un’altra corda chiamata “Antilabè“, che deve essere afferrata con la mano.
Lo scudo romano in epoca repubblicana
Lo scudo romano d‘epoca alto repubblicana conosce un’importante evoluzione: come ci conferma Tito Livio, [Ab Urbe Condita IV – 59-60], il legionario romano alto repubblicano inizia a percepire un regolare stipendio o rimborso spese per il suo equipaggiamento militare. Grazie ad una maggiore disponibilità economica, i legionari iniziano a potersi permettere degli scudi più adatti ai combattimenti di mischia.
Determinante per l’evoluzione dello scudo, sono anche le guerre condotte contro i Sabini ma soprattutto i Sanniti, una popolazione dell’Italia centro-meridionale, particolarmente aggressiva ed abile a combattere nel territorio brullo dei rilievi appenninici.
Tradizionalmente, i Sanniti ispirano i romani ad adottare il loro stesso scudo.
Si tratta di un ovale convesso e curvato, alto circa 120 cm e largo 75 cm, con un peso che varia dai 5 ai 10 kg.
Secondo Polibio, [Storie VI, 23,5] che ci racconta dettagliatamente le fasi della costruzione di uno scudo repubblicano, lo scudo è composto da due strati sovrapposti di tavolette di legno. Polibio non cita le tipologie di legno utilizzate, ma un indizio arriva da Plinio il Vecchio, Nella sua opera Naturalis Historia, sebbene questo testo sia di epoca imperiale. I legni indicati per la costruzione dello scudo sono la Vite, il Salice, il Tiglio, e il Pioppo.
Questi due strati vengono incollati tra di loro con un fissante di origine naturale, composto fondamentalmente da cuoio di toro. Nella parte interna, lo scudo viene rinforzato e isolato da uno strato di lino, mentre sulla parte esterna viene applicata una pelle di vitello.
Osservando lo scudo, si nota inoltre un rinforzo di legno che corre dalla sommità alla base della struttura: il suo nome è “Spina“, ed ha la funzione di conferire maggiore forza alla struttura e di impedire che lo scudo possa essere rotto da un fendente laterale. Si nota la presenza sul margine superiore ed inferiore di una bordatura di ferro.
Al centro dello scudo è presente invece l’Umbone, una sporgenza metallica che aveva la funzione di deviare i colpi in arrivo ma anche di fungere da oggetto contundente contro l’avversario. La forma dell’Umbone è anch’essa ad ovale allungato, e segue la forma della Spina centrale.
Lo scudo del legionario romano repubblicano utilizza questa struttura per gran parte della sua storia, con poche variazioni. Probabilmente, questo scudo è quello normalmente in dotazione alla fanteria, mentre la cavalleria continua ad utilizzare prevalentemente degli scudi tondi per non essere intralciata durante la cavalcata.
Lo scudo del legionario romano in epoca imperiale
A partire dalla seconda metà del I secolo a.C, e nei decenni successivi, i legionari romani hanno bisogno di utilizzare spesso delle formazioni serrate e difensive, come per esempio la famosa testuggine. Questo potrebbe essere uno dei motivi di un ulteriore evoluzione dello scudo che diventa di forma perfettamente rettangolare, con i bordi più o meno arrotondati, ed ancora più incurvato fino ad assumere una forma a tegola.
Nella sua parte interna, lo scudo è composto da listelli di legno di platano larghi dai 3 agli 8 cm e spessi circa 2 mm, incollati fra loro per raggiungere uno spessore massimo di 6 mm. In questo modo si formano dai due ai tre strati che vengono incollati insieme.
Nella parte interna, scompare il foglio di lino, che viene sostituito da un telaio di legno rettangolare, che rinforza la struttura in corrispondenza dell’impugnatura e che sporge verso l’interno. Sulla parte esterna, non abbiamo fonti che ci confermano la presenza del pelle di vitello, ed è probabile che lo scudo venisse verniciato direttamente sul legno.
Osservandolo notiamo la scomparsa della Spina, dovuta al fatto che, con una maggiore ed ulteriore curvatura dello Scudo, non è più necessaria la presenza di una guida di legno. La presenza o meno della Spina costituisce il principale elemento distintivo tra uno scudo Imperiale ed uno repubblicano.
Sull’esterno la bordatura prende ora tutto lo scudo, ed è composta da bronzo o, in assenza di esso, da cuoio. L’umbone, che non ha più la necessità di seguire la presenza della Spina verticale, diventa completamente tondo, seguendo una moda prettamente germanica.
Lo scudo rettangolare a tegola è tipico del I secolo d.C, ma notiamo che già a partire dal II secolo si assiste ad un ritorno ad uno scudo più ovale, oltre ad altre variazioni, come lo scudo esagonale, che dipendono da una molteplicità di fattori: le disponibilità economiche del singolo legionario, le esigenze relative ai tipi di combattimento da affrontare, ma anche delle semplici mode del momento.
Lo scudo del legionario tardo Imperiale
A partire dal IV secolo d.C, la situazione militare dell’impero conosce degli importanti cambiamenti. Dai ritrovamenti archeologici si nota una tendenza prevalente al ritorno di un grande scudo rotondo: questo è costituito sempre in legno, con una bordatura di bronzo o di cuoio. Lo scudo è grande e copre pienamente dalla spalla al ginocchio. È presente sempre l’Umbone di concezione germanica, completamente rotondo.
Nella parte interna, l’impugnatura smette di essere sporgente ed è invece rientrante, sfruttando lo spazio offerto internamente dall’Umbone.
Non conosciamo esattamente le motivazioni del declino del classico scudo romano per un ritorno alle origini, per cui possiamo procedere solamente per ipotesi.
Una delle motivazioni potrebbe richiedere nel cambiamento delle modalità della guerra: benché esistano ancora le battaglie campali di fanteria, si registra un decisivo aumento degli scontri sparsi di cavalleria. Sappiamo per certo che questo nuovo tipo di combattimenti provoca un allungamento della spada, e forse le nuove condizioni potrebbero aver influito anche sugli scudi, che nella loro forma rotonda sono certamente più adatti ad essere portati a cavallo.
Siamo invece sufficientemente sicuri del fatto che le officine produttive conoscono un importante declino e dunque vi è un generale abbassamento della qualità delle armi, il che potrebbe spiegare il ritorno allo scudo rotondo, generalmente più facile da produrre rispetto ad uno ovale o rettangolare adeguatamente curvato.
Un’altra ipotesi, potrebbe essere lo sviluppo di una nuova forma difensiva di natura germanica chiamata Fulkon: gli uomini si riunivano gli uni vicino agli altri, alzando i loro scudi e formando una rudimentale testuggine per proteggersi dalle frecce. In questo caso, la presenza degli scudi tondi avrebbe favorito la costituzione di questa formazione anche a fronte di soldati molto meno preparati e sincronizzati rispetto ai legionari del periodo Imperiale.
L’utilizzo e la funzione degli scudi nell’esercito romano
La prima evidente funzione degli scudi è ovviamente di natura protettiva: lo scudo rappresentava lo strumento principale con cui si paravano i lanci di giavellotto, l’arrivo delle frecce e i fendenti delle spade nemiche. Ma lo scudo non veniva considerato solamente come uno strumento difensivo.
Questo, spinto con forza in avanti, poteva anche diventare un’arma d’attacco per sbilanciare l’avversario. Anche l’Umbone, adeguatamente utilizzato, costituiva una sorta di oggetto contundente da utilizzare durante il combattimento. Inoltre, utilizzando delle mosse repentine, il bordo superiore poteva servire per colpire il volto del nemico, mentre quello inferiore poteva essere utilizzato per tagliare i piedi dell’avversario.
Gli scudi, che nella loro parte esterna venivano regolarmente dipinti con i simboli e i segni distintivi della legione, costituivano anche uno dei pochi elementi utili all’identificazione del legionario e della sua Coorte, un elemento fondamentale durante la mischia del combattimento per distinguere i propri commilitoni dagli avversari. Fondamentalmente, gli scudi, assieme alle insegne, erano gli unici elementi visivi di distinzione.
Il principale nemico dello scudo del legionario romano era, oltre i colpi degli avversari, l’acqua e l’umidità. L’acqua causava inevitabilmente l’eccessiva curvatura degli strati di legno, rendendo lo scudo inutilizzabile, un difetto che in falegnameria viene identificato con il termine “Imbarcatura “.
Per questo motivo, gli scudi venivano riposti regolarmente all’interno di una custodia di cuoio chiamata Tègimen. Su di esso, poteva essere cucita l’insegna o lo stemma della legione, la “Tabula Ansata”.