Il Pantheon a Roma. Storia, costruzione e segreti

Il Pantheon, tempio di tutti gli Dei, è uno dei monumenti più importanti dell’intera storia romana.

Costruito per volere di Marco Vipsanio Agrippa, braccio destro di Ottaviano Augusto, e pesantemente restaurato dall’imperatore Adriano, è un gioiello di architettura dal profondo significato religioso.

La sua imponenza, la perfezione della costruzione e degli spazi interni, l’enorme cupola in muratura, ad oggi ancora la più grande del mondo, incantano lo spettatore e dimostrano chiaramente la grandezza eterna dell’ingegneria romana.

Il Pantheon di Agrippa

La nascita del Pantheon avviene sotto il principato di Ottaviano Augusto. A fianco dell’immensa opera di ristrutturazione dello stato romano e delle consistenti riforme, Augusto dedica attenzione anche all’aspetto architettonico di Roma, ridisegnandone il centro in maniera significativa.

Il Pantheon venne concepito inizialmente da Marco Vipsanio Agrippa, generale, ammiraglio e migliore amico di Ottaviano, come luogo dedicato al culto privato della famiglia di Augusto.

L’incarico, a livello architettonico, venne affidato a Lucio Cocceio Aucto, che ne curò la progettazione e la costruzione.

Il luogo venne scelto nel cuore del Campo Marzio, in una posizione centrale. Oggi sorge infatti fra la colonna di Marco Aurelio, ad est, le terme di Nerone, a Nord, e lo Stadio di Domiziano, oggi Piazza Navona, a Ovest.

L’orientamento, rispetto ad oggi, era verso Sud, ed era circondato da altre costruzioni come le terme di Agrippa.

Il primo Pantheon era però molto diverso e sostanzialmente più piccolo di quello che vediamo oggi. I ritrovamenti archeologici hanno riscoperto le fondamenta della prima versione di questo monumento.

Si trattava di un classico tempio a base rettangolare, dove la cella, la parte più sacra, era anch’essa rettangolare e posizionata in maniera trasversale.

All’esterno, sul lato lungo, vi era il prònao, ovvero un porticato realizzato con colonne, che dominava un piccolo spiazzo tutto intorno, delimitato da una recinzione, a separare il Pantheon dal tempio di Nettuno.

La costruzione era fortemente dominata da uno splendido marmo, che ne esaltava le linee.

Le decorazioni del Pantheon di Agrippa ci vengono riportate direttamente da Plinio il Vecchio, che ebbe modo di vedere di persona la costruzione ultimata.

Plinio ci parla di colonne ornate da capitelli in bronzo siracusano, e delle presenza di alcune cariatidi, delle statue femminili riprese dell’arte greca, e di altre statue posizionate sul fronte del tempio.

Cassio Dione aggiunge un dettaglio importante: all’interno sarebbe stata posta la statua di Cesare divinizzato, mentre all’esterno altre due statue, quella di Ottaviano sulla sinistra e quella dello stesso Agrippa a destra, a simboleggiare la loro amicizia.

Il Pantheon ebbe dura vita. Nel corso dei decenni venne infatti distrutto da un incendio nell’80 d.C, e blandamente ricostruito dall’imperatore Domiziano, e nuovamente colpito da un fulmine, e dunque di nuovo divorato dalle fiamme, nel 110 d.C, e salvato da un parziale intervento di restauro dall’imperatore Traiano.

Ma il vero autore di una nuova vita per il Pantheon, fu certamente l’imperatore Publio Elio Adriano.

Il rifacimento del Pantheon sotto Adriano

Adriano, appartenente alla dinastia degli Antonini, ebbe per Roma una grande visione religiosa e artistica.

La sua intenzione era quella di recuperare e riproporre i grandi miti della fondazione di Roma, con una pesante influenza derivata dall’arte ellenistica ed orientale.

Tutte le sue opere architettoniche prestano dunque particolare attenzione alla simbologia. Adriano, ad esempio, sta attento che la luce del sole, considerata dai romani come l’elemento maschile, cada durante il giorno e “baci” il tempio di Venere, simbolo femminile, posizionando il tempio della Dea Roma sotto di loro, come fosse il risultato della loro unione.

Naturale quindi che l’attenzione di Adriano sia ricaduta anche sul Pantheon, progettandone un grande ed articolato rifacimento. Ed è proprio la sua versione quella che oggi possiamo ammirare.

Il progetto viene attribuito dalla maggior parte degli studiosi al grandissimo architetto Apollodoro di Damasco, ma è possibile che Adriano stesso sia intervenuto, una volta entrato in contrasto ed in competizione personale con il progettista.

L’edificio venne completamente ricostruito, anche se non mancarono gli aspetti divertenti. Sembra infatti che le colonne ordinate da Adriano siano state consegnate con una misura sbagliata, e rimodellate successivamente, con grande disappunto dell’imperatore.

Il Pantheon di Adriano: il pronao

Il primo elemento totalmente ricostruito fu il pronao, il porticato frontale realizzato con due serie da 8 colonne. Il materiale di costruzione era un granito misto grigio e rosa, pensato appositamente per creare uno splendido effetto visivo.

I capitelli erano in bronzo dorato per impreziosire la visione generale e tutto il pronao era dotato di una copertura bronzea di particolare valore.

Chi oggi entra nel Pantheon, alzando la testa poco prima dell’entrata, non vedrà nulla di particolare, ma al tempo di Adriano vi erano dei meravigliosi riflessi dorati.

Il materiale venne tuttavia asportato durante il tempo: in parte per realizzare i cannoni del Gianicolo, e in parte per la costruzione del baldacchino del Vaticano, ad opera del Bernini.

Da notare come il grande “triangolo” sopra le colonne, chiamato “timpano”, rechi ancora l’iscrizione e la dedica di Marco Vipsanio Agrippa, segno che Adriano volle rendere onore al primo costruttore dell’opera.

Il Pantheon di Adriano: l’esterno della rotonda

La parte fondamentale del Pantheon di Adriano è l’enorme costruzione a forma cilindrica, chiamata rotonda. Dal punto di vista puramente estetico non ci sono particolari abbellimenti.

Il motivo sta nel fatto che il Pantheon era circondato da diversi altri edifici, che rendevano questa parte poco visibile.

Ma il vero capolavoro sta nella qualità costruttiva. Il cilindro doveva essere estremamente resistente, ma allo stesso tempo via via più leggero mano mano che si saliva.

Per questo motivo i materiali costruttivi sono sostanzialmente tre: un misto di strati di calcestruzzo alternati con scaglie di marmo travertino e tufo per la prima fascia, strati di calcestruzzo alternati con scaglie di tufo e mattoni per la seconda e strati di calcestruzzo con sole scaglie di mattoni per la terza.

Con questa mirabile diversità delle miscele, la rotonda ha una profonda stabilità e leggerezza, requisito fondamentale per la sua durata nel tempo.

Il Pantheon di Adriano: l’interno della costruzione

L’interno del Pantheon è a dir poco impressionante. Si tratta, vedendolo bidimensionalmente di un cerchio, e tridimensionalmente di un cilindro perfetto, coperto da una cupola.

L’area ha un equilibrio perfetto, dove si crea automaticamente una sensazione di perfezione e di silenzio. Il “cerchio” viene arricchito da 6 nicchie rientranti, che al tempo di Adriano ospitavano i principali Dei romani.

Data la loro posizione perfettamente circolare, nessun Dio era più importante di un altro, ma tutti contribuivano in egual misura alla sacralità del luogo.

Era ricoperto di marmi variamente colorati e il pavimento era leggermente convesso per far defluire l’acqua che poteva piovere all’interno dal foro praticato nella cupola.

Il Pantheon di Adriano: la cupola

Il vero e più grande capolavoro del Pantheon è rappresentato senza dubbio dalla cupola, una semisfera realizzata interamente in muratura.

Gli ingegneri romani costruirono una prima grande impalcatura di legno per poi aggiungere il materiale costruttivo.

Si tratta di una cosiddetta “volta cassettonata“: si osservano infatti diverse file di cassettoni quadrati che “rientrano” nel cemento e che hanno due scopi.

Il primo, puramente estetico, è quello di creare un determinato “ritmo” in tutta la cupola, e il secondo è tecnico. Rientrando nel cemento, i cassettoni tolgono parecchio materiale e dunque parecchio peso complessivo alla cupola, dandole una leggerezza formidabile.

Il numero stesso dei cassettoni non è affatto casuale. Si tratta di 5 file da 28 cassettoni. I romani consideravano il 7 come un numero magico: sette erano i colli di Roma, sette i loro Re e sette i pianeti visibili al loro tempo.

1+2+3+4+5+6+7=28. Una simbologia accuratamente calcolata.

Al centro della cupola, si vede immediatamente l’oculus, un foro di 9 metri, concepito per creare un immaginario collegamento diretto con gli Dei che abitano i cieli.

Dall’alto verso il basso si creava così una linea immaginaria che partiva dal cielo, attraversava l’oculus, toccava il terreno e proseguiva sottoterra, dove risiedevano gli Dei degli inferi.

Una domanda ricorrente: quando piove il Pantheon si bagna? Sì, si bagna. Durante i secoli è emersa la leggenda secondo cui alcune strane forze impediscano all’acqua di bagnare il pavimento.

In realtà quello che può essere accaduto è che la presenza, durante il medioevo, di un grande numero di candele per l’illuminazione, può aver nebulizzato le gocce di pioggia, ma si tratta di casi isolati.

Come confermato dagli esperti, l’acqua entra e viene efficientemente scolata dalla leggera curvatura del pavimento.

I segreti della durata del Pantheon

I turisti rimangono puntualmente esterrefatti dalla grandezza e dalla durata del Pantheon. Come è possibile, si chiedono?

Il segreto della durata del Pantheon sta innanzitutto nella scelta dei materiali costruttivi. Il materiale per eccellenza era il calcestruzzo, una miscela formata da sabbia, ghiaia o sassi, da un elemento legante come la calce e l’acqua.

Si trattava di una composizione che poteva cambiare, e che permetteva di avere di volta in volta la miscela più adatta.

I romani, riuscirono a portare l’efficienza del calcestruzzo ad un altro livello. Era a loro nota infatti la “pozzolana“, un pietrisco originario della zona di Pozzuoli, che abilmente aggiunto al calcestruzzo raggiungeva una straordinaria durezza.

Non solo: la sua resistenza rimaneva immutata durante il tempo e addirittura aumentava se bagnata. Era l’Opus Caementicium, il cemento dei romani, di cui ancora oggi non conosciamo le esatte proporzioni.

Il secondo segreto è la distribuzione del peso. Attraverso un gioco di rientranze e di pazienti ed impercettibili deviazioni, il peso della cupola non si distribuisce uniformemente su tutto il bordo del cilindro, ma viene deviato su 8 pilastri fondamentali, che aumentano la durata e la stabilità complessiva.

Il Pantheon fino ad oggi

Il Pantheon ha attraversato i secoli, e soprattutto il periodo medievale, caratterizzato a Roma da una serie di devastazioni, operate sia dai “barbari” ma spesso e volentieri da alte famiglie romane che spogliavano sistematicamente i monumenti classici del loro materiale per reimpiegarle.

La “salvezza” del Pantheon deriva dal fatto che l’imperatore romano d’Oriente, Foca, donò il monumeto a Papa Bonifacio IV, che trasformò la struttura nella chiesa di Sancta Maria ad Martyres.

La protezione ecclesiastica, salvò così il Pantheon dalla distruzione. Addirittura, nei primi dell’800, vennero costruiti due campanili in stile puramente cristiano, poi abbattuti.

Al giorno d’oggi, il Pantheon è ancora un monumento di culto cristiano, dove l’impronta religiosa è fortissima.

Sono inoltre seppelliti alcuni straordinari personaggi: vi sono infatti le tombe dei pittori Raffaello Sanzio e Annibale Carracci, ma anche i Re d’Italia, Vittorio Emanuele II e suo figlio Umberto I, onorati come padri della patria italiana.