Per oltre mille anni, l’oracolo di Delfi fu il centro spirituale più influente del mondo greco, poiché tutti credevano che il divino potesse comunicare con gli esseri umani attraverso enigmatiche profezie. Situato sulle impervie pendici del monte Parnaso, questo santuario sacro guidò spesso le decisioni di re e generali, ma anche dei comuni cittadini, diventando un punto di riferimento per la storia e la cultura dell’antica Grecia.
L’oracolo di Delfi aveva un funzionamento complesso e un rituale di consultazione che andava seguito alla lettera. Basandoci sulle testimonianze degli autori antichi, cercheremo di capire esattamente come funzionava e come si potesse ottenere un autentico responso dall’immortale oracolo.
La nascita dell’oracolo di Delfi
La storia di Delfi parte dalla tradizione mitologica greca, che definisce il sito come già sede di un “santuario” dedicato alla dea della terra, Gea, protetto da un serpente, enorme e aggressivo, chiamato Pitone.
I riferimenti bibliografici fondamentali sono l’inno omerico a Apollo, il quale, cercando un luogo adatto per stabilire il suo oracolo, giunse nell’antica zona di Crisa, dove, dopo un furioso combattimento, riuscì a uccidere il mostruoso pitone. Così il nome Pito, con cui l’area era inizialmente conosciuta, deriverebbe dal verbo greco “pitein”, che significa imputridire, riferendosi alla decomposizione del corpo del serpente sotto i raggi del sole.
Il nome di Delfi, secondo la leggenda narrata nell’Inno omerico ad Apollo, è strettamente legato al dio stesso. Dopo aver fondato il santuario, Apollo andò in cerca di sacerdoti a cui affidarlo e scelse un gruppo di marinai cretesi. Trasformatosi in un enorme delfino, li guidò trasportando la loro nave fino al porto di Crisa, vicino al sito sacro.
Una volta giunti a destinazione, Apollo riprese sembianze umane e spiegò ai marinai la nuova vita che li attendeva come custodi del suo tempio, rassicurandoli sui benefici di questo incarico. Fu così che il luogo prese il nome di Delfi, in ricordo della forma di delfino assunta dal dio per apparire ai suoi primi devoti.
La costruzione di un mito
Delfi si trovava in una posizione strategica per alimentare il suo mito. Situato a circa 500 metri d’altitudine sulle pendici meridionali del monte Parnaso e a 8 chilometri dal golfo di Corinto, la sua posizione isolata e il paesaggio maestoso e selvaggio che lo circondava erano fondamentali per creare quell’atmosfera mistica necessaria a trasformarlo in un centro di divinazione per i contemporanei.
Il complesso del santuario, che i greci chiamavano regolarmente “ombelico del mondo”, era punteggiato da diversi edifici sacri, tra cui il più importante era il tempio dedicato ad Apollo, oltre a una via sacra ricca di tesori offerti in dono dalle varie città-stato. La zona contava anche un teatro e uno stadio dove si svolgevano regolarmente i giochi pitici.
Sotto l’aspetto tecnico, l’oracolo di Delfi era accessibile e consultabile non solo dai grandi re e imperatori, ma anche da ambasciatori e rappresentanti delle città-stato, come anche da emissari di regni stranieri e persino cittadini privati. Secondo le fonti antiche, l’oracolo riceveva inizialmente solo una visita all’anno, precisamente il 7 febbraio, data di nascita di Apollo. Ma l’aumento dell’importanza e della notorietà dell’oracolo portò le consultazioni a cadenza mensile, sempre il nono giorno del mese lunare, ad eccezione dei mesi invernali, poiché si credeva che in quel periodo Apollo abbandonasse Delfi per recarsi nella terra degli Iperborei.
La procedura per consultare l’oracolo di Delfi
Consultare l’oracolo di Delfi significava seguire un protocollo rigido. Anzitutto, i visitatori dovevano essere presentati da un cittadino di Delfi che fungeva da garante. Prima di accedere al tempio, era fondamentale purificarsi nelle acque della vicina fonte Castalia, utilizzata dalla Pizia, la sacerdotessa che esprimeva poi l’oracolo.
Chi consultava Delfi doveva anche provvedere a un pagamento, soggetto a un vero e proprio tariffario. Le questioni private costavano 4 oboli, mentre quelle con rilevanza maggiore, come decisioni di livello cittadino o di importanza militare, arrivavano a costare 7 dracme e 2 oboli. I visitatori più ricchi dovevano aggiungere al normale pagamento un dono per il tesoro del tempio, proporzionale alla loro ricchezza e importanza.
I consultanti dovevano inoltre acquistare focacce sacre, prodotte esclusivamente dai panettieri di Delfi, e consegnarli come offerta alla Pizia.
Un elemento imprescindibile e preliminare era il sacrificio di una capra. Plutarco, lui stesso sacerdote del tempio nel I sec. dopo Cristo, racconta che l’animale veniva bagnato con acqua fredda e se tremava visibilmente, significava che il Dio era favorevole alla consultazione.
I sacerdoti, dopo il sacrificio, esaminavano gli organi della capra, e in particolare il fegato, per confermare definitivamente la volontà del Dio a rispondere alle domande.
La Pizia, la protagonista dell’oracolo
La figura centrale dell’oracolo era la Pizia, sacerdotessa di Apollo, incaricata di fornire i responsi divinatori. Inizialmente, veniva scelta tra le giovani vergini di Delfi, ma dopo un grave episodio in cui una di esse venne rapita, si decise di selezionare donne anziane, sempre originarie di Delfi, che indossavano abiti distintivi durante il loro servizio.
Secondo Plutarco, nei periodi di maggiore popolarità del santuario si arrivò a contare tre sacerdotesse, che si alternavano in tre turni per far fronte a tutte le richieste.

La consultazione avveniva nel tempio di Apollo all’interno di una cella sotterranea; la Pizia sedeva su un tripode di bronzo collocato sopra la fessura di una roccia da cui emanavano vapori sacri. Dopo aver masticato foglie di alloro, la pianta sacra di Apollo, ed essersi abbeverata alla fonte Cassotide, la Pizia respirava i vapori ed entrava in uno stato di trance che le permetteva di entrare in contatto con gli dei.
Le fonti antiche riferiscono che la sacerdotessa cadeva in un delirio così intenso da sfociare spesso in convulsioni e tremori, con la schiuma alla bocca. In uno stato di coscienza profondamente alterato, la Pizia pronunciava frasi incomprensibili e sconnesse, derivate da un contatto diretto con le divinità.
Le parole venivano ascoltate e trascritte immediatamente dai sacerdoti del Tempio, che avevano il compito di comprenderne l’essenza e tradurle in risposte strutturate, di solito in versi esametrici o in prosa.
I sacerdoti-interpreti avevano dunque un ruolo cruciale, che spesso era di importanza pari rispetto a quello della stessa Pizia, dal momento che dalla loro analisi dipendeva l’esito di tutta la consultazione.
Nonostante la loro interpretazione e i tentativi di dare una logica ai deliri della sacerdotessa, i responsi dell’oracolo di Delfi erano però regolarmente, e deliberatamente, ambigui. Diversi autori antichi riportano che le profezie erano formulate in modo da poter essere interpretate in modi diversi, anche a seconda degli eventi successivi.
L’ambiguità delle risposte serviva a diverse finalità: da un lato, manteneva il prestigio e l’aura di mistero dell’oracolo, dall’altro, consentiva ai sacerdoti di non esporsi in questioni politiche o di prendere posizioni troppo nette, il che coincideva con la convinzione degli antichi greci che la verità proveniente dagli dèi non potesse essere comunicata in modo semplice e diretto agli esseri umani.
L’esempio più famoso di un responso ambiguo e dagli esiti catastrofici è certamente quello di Creso di Lidia, tramandato da Erodoto. Creso, preoccupato dalla crescente potenza militare persiana, consultò l’oracolo chiedendo se fosse il caso di attaccare l’impero di Ciro il Grande. La risposta fu: «Se attraverserai il fiume, un grande impero cadrà». Creso, interpretando positivamente le parole della Pizia, decise di attaccare i persiani con il suo esercito, ma subì una disastrosa sconfitta.
Infatti, il grande impero al quale si riferiva la Pizia non era quello di Ciro, ma piuttosto il suo. Quando Creso tornò per lamentarsi dell’inganno, la risposta dei sacerdoti fu semplice: avrebbe dovuto interpretare meglio la profezia o chiedere ulteriori chiarimenti prima di decidere.
Il tramonto dell’Oracolo di Delfi
L’oracolo di Delfi esercitò un’enorme influenza su tutta la storia greca. Le profezie furono in grado di incoraggiare la fondazione di colonie, orientare decisioni militari e stabilire alleanze politiche, addirittura fungere da pretesto per cambiamenti di regime politico in diverse città-stato greche.
I responsi, anche se generalmente proclamavano valori di pace e moderazione e incarnati nel motto «Conosci te stesso» influenzarono pesantemente le decisioni geopolitiche, portando talvolta anche alla guerra.
L’importanza di Delfi iniziò a declinare durante il periodo ellenistico e romano, fino al 392 d.C., quando il Tempio venne definitivamente chiuso per gli editti dell’imperatore cristiano Teodosio I, che proibì tutti i culti pagani, decretando la fine di un intera cultura e di un modo antichissimo di intendere il rapporto con le divinità.
Nonostante il termine del suo servizio, la storia dell’oracolo di Delfi e il valore delle sue profezie rimangono intatti nella cultura e nella spiritualità del mondo antico. L’oracolo infatti non si limitava a offrire previsioni più o meno precise sul futuro, ma rappresentava una specie di guida morale, che invitava regolarmente i consultanti, ma in fondo tutti i cittadini, alla riflessione, alla prudenza e alla conservazione dei valori centrali della cultura greca classica.