Israele. Così gli asini venivano sacrificati come rito propiziatorio

Quattro asini egiziani sacrificati e sepolti sotto una casa di 4.500 anni fa a Gath svelano rituali, commercio e simboli delle antiche culture del Levante.

0
2


L’antica città cananea di Gath, oggi conosciuta come Tell es-Sâfi, continua a svelare tratti sorprendenti del passato grazie a nuove scoperte che permettono di comprendere meglio le pratiche culturali e i rapporti commerciali del Mediterraneo orientale di 4.500 anni fa. Recenti ricerche archeologiche hanno permesso di riportare alla luce quattro asini femmine, tutti sepolti con notevole cura sotto le fondamenta di una residenza risalente all’Età del Bronzo Antico. La particolarità non sta solo nell’eccezionale stato di conservazione, ma soprattutto nelle modalità precise e ricorrenti della sepoltura: gli animali erano giovani, nel pieno della loro forza, e i loro corpi venivano collocati in fosse poco profonde, con le zampe legate e il muso rivolto ad est.

Un dettaglio colpisce immediatamente chi osserva i resti: in uno dei casi la testa era stata staccata e poggiata sull’addome del medesimo animale, mantenendo comunque lo sguardo orientato verso oriente, in una disposizione chiaramente rituale. Gli studiosi che hanno seguito gli scavi hanno sottoposto i denti a complessi esami isotopici, analizzando elementi come carbonio, ossigeno e stronzio, capaci di tracciare la provenienza geografica e le abitudini alimentari degli animali durante la loro vita. Dalle analisi emerge in modo inequivocabile che i quattro asini provenivano dalla Valle del Nilo, in Egitto, mentre il resto di un altro asino – trovato nello stesso sito e smembrato assieme a ossa di pecore e capre – era frutto di allevamento locale ed era stato macellato per scopi alimentari.

Questo dato apre scenari ricchi di implicazioni sulle relazioni tra il Cafarnao cananeo e il potente Egitto faraonico. Se infatti i ritrovamenti di asini utilizzati come animali da lavoro o per l’alimentazione sono diffusi in tutto il Vicino Oriente antico, questa testimonianza rappresenta la prima prova concreta della presenza di animali importati, destinati a rituali di fondazione associati all’edificazione di crescite domestiche. Si tratta di pratiche apparentemente riservate a contesti di rango non elevato, segnalando che l’uso di preziose bestie egiziane non era patrimonio esclusivo dell’élite cittadina.

«Scegliere di sacrificare animali così pregiati è indice di un’enfasi sociale sulla dimostrazione di ricchezza, prestigio e connessioni internazionali,» ha spiegato la dottoressa Elizabeth Arnold, archeologa e coautrice della ricerca. Il valore attribuito a questi asini femmina, giovani e nel momento migliore per la riproduzione, era altissimo: privarsene rappresentava un gesto fortemente simbolico, probabilmente compiuto per garantire prosperità, protezione e benessere alla casa, secondo credenze ancestrali.

Il contesto della città di Gath, una delle maggiori realtà urbane della regione meridionale della Levante in quell’epoca, va tenuto in considerazione per comprendere appieno il significato del gesto rituale. Il legame tra Gath e l’Egitto, allora potenza dominante, era sostanziato da scambi commerciali regolari: importare un asino dal Nilo comportava costi e difficoltà logistiche notevoli, facendo di ogni animale una sorta di “bene di lusso”. Il sacrificio di questi animali all’interno dell’ambito domestico segnalava un atto magico-propiziatorio, oltre alla volontà di dichiarare pubblicamente lo status sociale raggiunto, con una simbolica connessione alle forze e al prestigio egiziano.

Il team di ricerca ha utilizzato la datazione radiocarbonica dei materiali organici circostanti, dato che gli scheletri degli animali stessi erano troppo degradati per fornire campioni affidabili. Non è stato possibile effettuare analisi genetiche, lasciando così irrisolto l’enigma sull’aspetto peculiare di questi asini egiziani rispetto a quelli locali. Quel che emerge, però, è che la pratica delle deposizioni rituali di asini importati era un tratto distintivo e non occasionale nella cultura di Gath: manufatti e resti analoghi sono stati rinvenuti anche nei siti di Tel Azekah e Tel Haror, pur senza la stessa portata simbolica attestata a Tell es-Sâfi.

Le domande aperte restano numerose: chi orchestrava i riti e a chi era riservato l’onore – e l’onere – di sacrificare esemplari così preziosi? Si trattava davvero di una prassi diffusa o limitata solo a certe famiglie con particolari legami di scambio con l’Egitto? L’esclusiva scelta di giovani femmine rafforzava il carattere propiziatorio del gesto, grazie al legame simbolico con la fertilità, l’abbondanza e la riproduzione?

Le fonti antiche suggeriscono che l’asino nell’immaginario vicino-orientale rivestiva un ruolo di primo piano sia come animale da lavoro sia come intermediario nei lunghi commerci carovanieri. Le carovane di asini aprirono infatti rotte fondamentali tra la Mesopotamia, la regione del Levante e l’Egitto durante tutto il Tardo III millennio a.C., contribuendo alla circolazione non solo di beni materiali, ma anche di idee, tecniche e pratiche culturali.

Lo scavo di Tell es-Sâfi si inserisce così in una più ampia cornice di studi che vedono gli animali sacrificati come veri e propri attori sociali, carichi di significato e parte integrante del tessuto di relazioni familiari e comunitarie. Le caratteristiche della sepoltura – posizione, tipo di animale, trattamento del corpo – riflettono codici di comportamento condivisi e tramandati all’interno delle società urbane del tempo.

Il fatto che le sepolture siano state trovate tutte sotto abitazioni di quartiere suggerisce che il rito avesse una stretta connessione con la protezione della casa e della comunità nucleare, intendendo la fondazione come atto carico di auspicii. Importare un asino egiziano per offrirlo in sacrificio domestico equivaleva a invocare la benevolenza divina e la fortuna e la prosperità proprie dell’Egitto stesso.

Sebbene molte domande resteranno per sempre senza risposta, questo straordinario rinvenimento conferma come le società antiche fossero profondamente segnate da una visione complessa e articolata delle relazioni tra uomini, animali e divinità, in una continua tessitura di scambi e influenze. Studi futuri, grazie anche all’avanzamento delle tecniche di analisi dei resti organici e inorganici, potranno forse diradare alcuni dei misteri che ancora circondano la vita e i rituali degli antichi abitanti di Gath.