Le insegne militari romane erano un elemento fondamentale per ogni legione.
Le insegne militari rappresentavano il popolo romano sul territorio, fungevano da punto di riferimento durante la battaglia, ma aveva anche un profondo significato religioso, cosa che portò ad avviare delle intere campagne militari per il recupero dei simboli perduti o rubati dai nemici.
Le insegne militari romane
Le insegne militari erano costituite da un gagliardetto, una piccola bandiera o uno stendardo attaccato sulla sommità di un lungo bastone o palo, che identificava una legione romana di fanteria o di cavalleria.
L’oggetto posizionato più in alto nelle insegne era di norma un simbolo. Solitamente era quello di un animale, come il serpente, il cinghiale, il lupo, il cavallo o il Minotauro, anche se il più famoso, specialmente dopo la riforma di Caio Mario, era certamente l’aquila.
Ma oltre ad un animale poteva anche essere rappresentata l’immagine dell’imperatore, oppure una mano aperta, che simboleggiava la lealtà dei soldati e la fiducia che avevano nei confronti del loro comandante.
Molto spesso, immediatamente al di sotto del simbolo vi era la scritta “Senatus Populus Que Romanus”, ovvero “Il Senato e il Popolo di Roma”. Si trattava di un elemento non secondario.
Rappresentava il concetto secondo il quale i legionari non combattevano solamente per loro stessi, ma in quel momento erano la personificazione dell’intero popolo di Roma che stava esportando la civiltà e la romanizzazione in un nuovo territorio del mondo.
Altri elementi posizionati immediatamente al di sotto del simbolo, aiutavano a comprendere il tipo di unità (Legione o Coorte) alla quale apparteneva quella specifica unità di uomini. Questo permetteva ai legionari di riconoscere i rispettivi reparti, ma anche ai generali, di comprendere il posizionamento e il dispiego della legione sul territorio con notevole rapidità, tramite la sola osservazione delle insegne visibili.
La funzione delle insegne durante la battaglia
Le insegne militari svolgevano una funzione fondamentale anche durante la battaglia e il combattimento contro il nemico. In una situazione estremamente caotica, piena di grida, di attacchi ripetuti, e di fendenti che in ogni momento potevano colpire il legionario, le insegne militari rappresentavano un insostituibile punto di riferimento per ricompattarsi con i propri commilitoni e non perdere la coordinazione.
Quando ad esempio era necessario che gli uomini ritrovassero compattezza, si era soliti procedere ad uno squillo di tromba ben codificato. Tutti i legionari cercavano con gli occhi lo stendardo della propria unità per ritornare il più velocemente possibile in posizione e non rimanere frastagliati ed isolati.
Anche lo stesso movimento dello stendardo era una preziosa indicazione per i soldati: spingere le insegne in avanti o da un lato o all’indietro, corrispondeva ad ordinare un eguale movimento degli uomini, ed era un metodo efficacissimo per trasmettere un’informazione ad un grande numero di legionari in pochissimi secondi.
Sempre attraverso un movimento dello stendardo, si poteva anche indicare ai soldati di cambiare la propria formazione o addirittura la tattica da utilizzare in quel momento. Si trattava probabilmente del più efficace metodo di comunicazione in un caotico campo di battaglia.
Va da sé che il portatore di insegne era un soldato di notevole abilità e di importanza che doveva certamente rimanere in prima linea, dove tutti i legionari potevano vederlo, ma che allo stesso tempo era strenuamente difeso, proprio per la sua funzione fondamentale durante lo scontro.
Il significato religioso delle insegne militari romane
Non trascurabile è anche il significato spirituale e religioso che le insegne militari rappresentavano per i legionari. I romani non eseguivano niente che non fosse in accordo con gli Dèi. Per la società romana era normale stringere continuamente dei patti con le divinità superiori, qualsiasi cosa si dovesse fare: dalla fondazione di una città, al raccolto, alla celebrazione di un matrimonio o di un processo.
Naturalmente, anche e soprattutto una campagna militare doveva essere portata avanti in accordo con gli Dei. Le insegne militari romane venivano infatti considerate come “pervase” dallo spirito del Dio che stava accompagnando i legionari. Si trattava quindi di un elemento “vivo”, fondamentale per la sopravvivenza della legione. Lo stendardo rappresentava la divinità protettrice sul campo di battaglia e andava difeso a costo della vita.
Ecco perché perdere le insegne era considerato uno smacco gravissimo, che condannava la legione ad una sicura sfortuna, giustificando addirittura intere campagne militari successive per il solo recupero delle insegne militari perdute.
Recuperare le insegne perdute: le missioni di Germanico e di Augusto
Forse la più grande spedizione militare per il recupero di insegne perdute durante una sconfitta è quella affidata al generale Giulio Cesare Germanico. Nel 9 d.C il generale romano Publio Quintilio Varo fu assegnato alla Germania.
Il generale, più un burocrate che un comandante militare, infilò una serie di errori tattici madornali e sottovalutò degli evidenti segnali di un’imboscata organizzata dal leader della tribù dei cherusci, Arminio.
Fu così che Varo, nella battaglia di Teutoburgo, perse la vita, assieme a tre legioni, completamente annientate.
Durante lo scontro, le insegne vennero rubate dai ribelli e abilmente nascoste, mentre la disfatta segnò una pesante battuta di arresto nell’espansione di Roma nella provincia di Germania.
Ebbene, quando nel 16 d.C il generale Germanico guidò le sue truppe in Germania per vendicare quella sconfitta e ripristinare l’orgoglio di Roma, uno degli obiettivi primari era esattamente il recupero degli stendardi persi diversi anni prima.
Attraverso delle campagne militari ben organizzate e spedizioni punitive estremamente violente, Germanico massacrò il maggior numero possibile di tribù come punizione per la sconfitta romana, riuscendo a farsi indicare la posizione e dunque a recuperare due dei tre stendardi persi a Teutoburgo.
La terza insegna, venne invece recuperata attraverso un’intensa attività di “intelligence” ai tempi dell’imperatore Claudio, alcuni decenni dopo, a dimostrazione di quanto fosse importante recuperare un insegna perduta, anche a notevole distanza di tempo.
Un’analoga dimostrazione può essere anche il recupero delle insegne da parte dell’ imperatore Augusto. Si trattava degli stendardi che erano stati sottratti al generale Licinio Crasso a seguito della sconfitta di Carre nel cuore della Partia, odierno Iran.
Augusto portò avanti una serie di abilissime trattative con l’impero partico per stabilizzare i confini orientali. Di nuovo, parte integrante di questo successo diplomatico fu la riconsegna degli stendardi, il che, per il popolo romano, equivalse in tutto e per tutto ad una grande vittoria militare.