Nel sito archeologico di Copán, in Honduras, un nuovo studio pubblicato sulla rivista Science Advances rivela come la civiltà Maya riuscisse a prevedere le eclissi solari con straordinaria precisione per diversi secoli. La scoperta nasce dall’analisi approfondita del Codice di Dresda, il più famoso e meglio conservato tra i codici astronomici maya, custodito oggi in Germania. Gli studiosi hanno esaminato la tavola delle eclissi presente nel manoscritto, lunga ben 405 mesi lunari: uno strumento che svela il sofisticato sistema usato dai Maya per correlare eventi celesti con il calendario religioso e civile, che da millenni regolava la vita delle importanti città del Guatemala, Honduras, Messico e Belize.
Secondo la ricerca, la tavola maya delle eclissi non fu concepita inizialmente solo per prevedere le eclissi di Sole ed era parte di un calendario lunare creato per mantenere allineata la scansione del tempo con il ciclo astrologico di 260 giorni, fondamentale per la divinazione e la ritualità. Il ciclo di 405 mesi corrisponde infatti a 11.960 giorni, e questa lunghezza acquisisce valore matematico per la perfetta commensurazione con il calendario divinatorio: il numero 11.960 è il risultato di 46 cicli del calendario di 260 giorni, consentendo così una precisione eccezionale nella ripetizione degli eventi celesti. La base della previsione maya non era solo l’osservazione astronomica, ma un modello in cui il ciclo lunare trovava una perfetta armonia con la sequenza sacra, trasformando i dati del cielo in eventi prevedibili legati alle pratiche religiose e sociali.
A questa comprensione si aggiunge un importante dettaglio: per oltre sette secoli, dal 350 al 1150 d.C., i sacerdoti-astronomi maya riuscirono a mantenere precise le previsioni correggendo le piccole discrepanze che di norma si accumulano nelle tavole astronomiche. Questo veniva realizzato tramite un sistema innovativo di tavole sovrapposte, che permetteva di continuare a prevedere le eclissi senza mai dover ricominciare il calcolo da capo. Piuttosto che iniziare una nuova tavola una volta esaurita la precedente, i Maya ‘resettavano’ la tavola successiva, impostandola su intervalli precisi di 223 o 358 mesi prima della fine della tabella in corso. Così eliminavano efficacemente gli errori astronomici, garantendo una continuità che, secondo i calcoli dei ricercatori, consentiva di predire ogni eclissi visibile alle città maya con un margine di errore minimo.
Il modello di previsione si fondava su confronti regolari con le effettive osservazioni delle eclissi—verificate nei registri e nell’archeoastronomia moderna—che conferma la validità del metodo per lunghi periodi. La correlazione tra siti di osservazione, epigrafi e calcoli contenuti nel Codice di Dresda mostra la sofisticazione raggiunta dalla civiltà maya nel campo dell’astronomia molto tempo prima rispetto ad altri popoli precolombiani. Gli scienziati hanno modellato le previsioni delle tavole maya confrontandole con un database di eclissi realmente osservate, dimostrando la solidità di una tradizione di calcolo che, di generazione in generazione, veniva affinata dai sacerdoti-scienziati della civiltà: figure che, grazie agli strumenti rituali e matematici, influenzavano il calendario delle attività agricole, politiche e religiose.
La scoperta offre nuove chiavi di lettura sulla visione cosmica dei Maya e sul rapporto tra scienza e ritualità in Mesoamerica. L’eclissi non rappresentava solo un fenomeno astronomico rilevante, ma era integrata nel ciclo religioso come segno di cambiamenti e rinnovamento. La fusione tra osservazione diretta e calcoli matematici permise alla civiltà maya di tramandare sistemi di previsione incredibilmente affidabili, contribuendo alla stabilità dei calendari e alla regolazione degli eventi sociali. La capacità di aggiornare le tavole, correggendo in modo dinamico e programmato le oscillazioni naturali della scansione lunare, testimonia un livello di conoscenza scientifica e organizzativa che solo ora viene pienamente compreso grazie alla sinergia tra archeologia, matematica e storia della scienza.
Il lavoro sulla tavola delle eclissi nel Codice di Dresda, dunque, restituisce un’immagine dei Maya non solo come raffinati astronomi, ma anche come promotori di una cultura in cui calcolo, fede e ciclo agricolo si intrecciavano in una complessa rete di saperi. Le scoperte recenti continuano ad arricchire il panorama degli studi sulla civiltà mesoamericana, alimentando il dibattito sul ruolo degli antichi popoli nel progresso delle conoscenze astronomiche e nella gestione dei calendari che scandivano le ere e i destini delle comunità.

