DI Alfredo Barrella
Nell’antica Roma, la domus non era semplicemente un’abitazione, ma un vero e proprio simbolo di status sociale. La sua imponenza e raffinatezza fungevano da marcato contrasto con le insulae, gli edifici a più piani destinati alle classi popolari.
Si tratta di una distinzione architettonica che esprimeva chiaramente la gerarchia sociale dell’Urbe: le domus, dimore unifamiliari appartenenti a patrizi e ricchi mercanti, incarnavano il potere e la ricchezza, mentre le insulae, caseggiati popolari abitati dai plebei, rappresentavano le classi meno abbienti.
Ma la relazione tra domus e insulae non era sempre così netta. A seconda della città, le domus potevano elevarsi su più piani o persino essere adiacenti alle insulae, sfumando i confini tra le diverse tipologie abitative.
La posizione geografica delle abitazioni contribuiva ulteriormente a delineare lo status sociale dei loro proprietari. Le domus sorgevano nel cuore pulsante della città, mentre le insulae si concentravano prevalentemente nelle zone periferiche, relegando le classi meno abbienti ai margini della vita urbana.
In definitiva, la domus romana rivestiva un’importanza cruciale nella società dell’epoca, svolgendo una funzione sociale e politica ben precisa. Essa rappresentava il prestigio della famiglia e il suo ruolo all’interno della comunità, fungendo da palcoscenico per la celebrazione del potere e della ricchezza.
Architettura e funzioni: un viaggio nel cuore della Domus
Una volta varcata la soglia di una domus romana, il visitatore si immergeva in un ambiente progettato per stupire e comunicare lo status del proprietario. Ma quali erano gli elementi chiave che definivano l’architettura di queste dimore?
È importante ricordare che esistevano diverse tipologie di domus, ognuna con le proprie peculiarità: dalla domus repubblicana, più sobria ed essenziale, alla domus imperiale, sfarzosa e ricca di decorazioni, fino alla domus pompeiana, caratterizzata da uno stile unico e vivace.
Il percorso all’interno di una domus iniziava con il vestibulum, uno spazio di transizione tra la strada e l’ingresso principale. Nelle dimore più sontuose, il vestibulum era ornato da colonne e statue, mentre in quelle più modeste si presentava come un semplice corridoio d’ingresso che conduceva all’atrium.
In epoca repubblicana, il vestibulum fungeva da luogo di ricevimento per i clientes, coloro che si rivolgevano al patronus per ottenere favori e protezione. Questo spazio rappresentava un biglietto da visita per il visitatore, comunicando immediatamente il livello di ricchezza e potere del proprietario. Elementi decorativi religiosi, come piccoli altari e immagini dei Lari e dei Penati, le divinità protettrici della casa, impreziosivano ulteriormente il vestibulum.
Oltrepassato il vestibulum, si accedeva alle fauces, uno stretto corridoio che conduceva all’atrium, il cuore pulsante della domus. Questo spazio centrale era il fulcro della vita domestica e sociale della famiglia, il luogo in cui si svolgevano le attività quotidiane e le pratiche rituali. Le alae, nicchie laterali all’atrium, ospitavano i ritratti degli antenati, simbolo del prestigio e della nobiltà della famiglia.
L’atrium poteva presentarsi in forma quadrangolare o rettangolare, e al suo interno si trovava il compluvium, un’apertura inclinata nel tetto che permetteva alla luce e all’acqua piovana di entrare. Quest’ultima veniva raccolta nell’impluvium, una vasca in marmo o pietra, spesso collegata a una cisterna sotterranea per la conservazione dell’acqua. Gli atrium e i compluvium delle domus del Fauno e dei Vetti a Pompei rappresentano importanti testimonianze archeologiche.
Tra l’atrium e il peristilium si trovava il tablinium, lo studio del pater familias. Questo era il luogo più importante della casa, dove il padrone di casa accoglieva i clientes, gestiva gli affari economici e politici e custodiva l’archivio familiare. Il tablinium era arredato con un forziere, candelabri, vasellame d’argento, un tavolo e sedute riservate agli ospiti. Da qui, il pater familias poteva controllare sia l’interno della domus che il peristilium.

Ispirato agli oikoi greci, il peristilium era un giardino ornamentale circondato da un colonnato (ionico, dorico o corinzio) che ospitava hortus, fontane e opere d’arte. A differenza dell’atrium, il peristilium era uno spazio privato, dove la famiglia si ritirava per trascorrere il tempo libero, lontano dagli impegni sociali.
Il triclinium era la sala da pranzo, il luogo in cui la famiglia si riuniva per consumare i pasti e intrattenere amici e personalità importanti dell’élite romana. Potevano esserci più triclinia in una domus, a seconda delle stagioni e delle occasioni: maius, minus, estivo e invernale. Il tavolo centrale, la mensa, era circondato dai lecti tricliniares, tre letti che potevano ospitare tre commensali ciascuno.
Le camere da letto, i cubicula, potevano trovarsi vicino all’atrium o al peristilium. Esistevano diverse tipologie di cubiculum, a seconda della persona a cui erano destinati: nuziali, per gli schiavi o per il pater familias, quest’ultimo generalmente più spazioso degli altri.
Le cucine, dotate di un focolare basso con tubi quadrati che fungevano da camino, erano situate al pianterreno, in posizione perimetrale, vicino alle latrine, per facilitare lo smaltimento dei fumi e delle acque reflue.
Lusso e raffinatezza: materiali e decorazioni
I materiali e le decorazioni utilizzati per allestire la domus erano pensati per creare un ambiente elegante e sfarzoso, in grado di riflettere il gusto e la ricchezza del proprietario.
Per quanto riguarda la pavimentazione, le tecniche più utilizzate erano l’opus sectile e l’opus tessellatum, entrambe caratterizzate da materiali e difficoltà di lavorazione differenti.
L’opus sectile consisteva nel taglio preciso di lastre di materiali pregiati come porfido, alabastro, onice e diverse tipologie di pietre, tra cui il gesso. Esistevano due tipologie di opus sectile: geometrico, con figure geometriche come esagoni, triangoli e quadrati, e figurativo, con rappresentazioni di scene mitologiche. Esempi di opus sectile si possono ammirare nella Domus Aurea di Nerone e nella Basilica di Giunio Basso.
L’opus tessellatum era una tecnica mosaicista che prevedeva l’utilizzo di tessere quadrate in vetro, pietra o terracotta. I materiali più comuni erano il calcare, il marmo e la pasta vitrea. Oltre al tessellatum, esistevano il vermiculatum e il musivum, quest’ultimo utilizzato per decorare le pareti. Le terme di Caracalla a Roma offrono un esempio emblematico di questo stile decorativo.
Oltre alle pavimentazioni, le statue rappresentavano un elemento fondamentale dell’arte decorativa romana. Nelle domus venivano collocate statue in marmo o bronzo raffiguranti antenati della gens aristocratica di appartenenza, figure mitologiche come Apollo e Venere, o animali.
Le pareti erano spesso decorate con la tecnica dell’intonaco dipinto, che, secondo lo storico dell’arte August Mau, si sviluppò in quattro stili pompeiani, caratterizzati da grandi rappresentazioni mitologiche. Questa tecnica prevedeva l’applicazione di pigmenti naturali su una superficie umida, dopo aver ricoperto le pareti con strati di malta a base di sabbia o calce. L’intonaco a fresco pompeiano ebbe un’importanza fondamentale per tutto il Medioevo e oltre.
I quattro stili pompeiani riflettono periodi e motivi diversi: lo stile architettonico (I secolo a.C.) creava illusioni prospettiche di profondità attraverso la pittura, come si può ammirare nella Villa dei Misteri a Pompei; la Casa di Sallustio a Pompei offre un esempio dello stile “a incrostazione”, con stucco dipinto ed effetti tridimensionali; lo stile ornamentale, della prima metà del I secolo a.C., riduceva la prospettiva e le rappresentazioni mitologiche a favore di motivi vegetali e di una maggiore stilizzazione scenica; lo stile fantasioso, della seconda metà del I secolo d.C., mescolava le caratteristiche degli stili precedenti, con rappresentazioni di eroi e divinità.
Vita quotidiana: un giorno nella Domus
Immaginiamo di trovarci nella domus di Augusta Raurica nel 100 d.C. Al risveglio, la famiglia si recava nel Lararium, un piccolo altare domestico, per venerare i Lari, le divinità protettrici della casa. Dopo questo rito mattutino, si consumava una ricca colazione a base di pane e miele.
Durante la giornata, il pater familias e la matrona seguivano routine diverse. Il pater familias si dedicava alle sue attività lavorative, soprattutto se era un uomo politicamente impegnato, mentre la matrona si occupava principalmente della casa. Marito e moglie dormivano nello stesso cubiculum, ma in letti separati.
Gli schiavi svolgevano diverse commissioni sia all’interno della domus che ai mercati, contribuendo alla gestione della casa. I liberti, in particolare, svolgevano mansioni specifiche, dalla cucina all’aiuto nella cura del corpo dei loro padroni.
Le domus dei personaggi più ricchi dell’élite romana erano dotate di terme private, dove i padroni di casa potevano concedersi momenti di relax. Altre attività includevano la lettura, per coloro che possedevano una biblioteca, e i giochi da tavolo, come il ludus latrunculorum.

La sera, la famiglia si riuniva nel triclinium per la cena. Le donne sedevano su una poltrona, mentre gli uomini mangiavano sdraiati, appoggiati sul gomito sinistro. Sulle tavole romane, soprattutto in presenza di ospiti importanti, non mancavano mai il garum, una salsa a base di interiora di pesce, e il buon vino.
Comfort e innovazione: riscaldamento e sistemi idrici
Le domus più prestigiose erano dotate di sistemi di riscaldamento e idrici all’avanguardia, che garantivano un elevato livello di comfort ai loro abitanti.
Uno dei sistemi di riscaldamento più diffusi era l’hypocaustum, un sistema di riscaldamento a pavimento che, a causa degli elevati costi di mantenimento, era presente solo nelle domus più lussuose. Nelle domus più modeste, l’ambiente veniva riscaldato tramite bracieri in bronzo o terracotta riempiti di carboni ardenti.
L’hypocaustum funzionava grazie a un forno a legna (praefurnium) situato in un locale separato, che riscaldava l’aria. L’aria calda veniva fatta circolare sotto il pavimento attraverso una rete di pilastrini in mattoni (suspensurae). Il calore saliva anche lungo le pareti attraverso tubature in terracotta, riscaldando così l’intera stanza.
Le domus più prestigiose erano collegate direttamente agli acquedotti pubblici, che trasportavano l’acqua in città. Attraverso tubature in piombo, le fistulae, l’acqua arrivava alle fontane e ai bagni privati della casa.
Un sistema ingegnoso per la conservazione dell’acqua era rappresentato dalle cisterne. L’acqua piovana veniva canalizzata nel compluvium e raccolta nell’impluvium, per poi essere conservata nella cisterna sottostante.
Oltre alla funzionalità, l’acqua aveva anche una funzione estetica. Nelle domus più eleganti non era raro trovare piccole fontane decorative, ninfei o giochi d’acqua nel peristilium.
L’evoluzione nel tempo: Domus repubblicana vs Domus imperiale
Nel corso dei secoli, la domus romana subì trasformazioni significative, riflettendo i cambiamenti sociali e culturali dell’epoca. È possibile distinguere tra la domus repubblicana, più sobria e funzionale, e la domus imperiale, sfarzosa e ricca di decorazioni.
In età repubblicana, la mentalità dei romani era improntata alla moderazione e all’avversione per l’eccesso. La domus era concepita principalmente come un’abitazione, senza ostentazioni di ricchezza e bellezza. I pavimenti erano spesso realizzati in opus signinum, un materiale simile al cemento con frammenti di terracotta.
Con l’avvento dell’età imperiale e la “nuova sicurezza” portata da Augusto, anche le domus cambiarono volto. Gli ingressi divennero più elaborati, i mosaici abbondarono anche nei cubicula privati e i pavimenti furono realizzati in opus sectile. L’architettura degli spazi interni divenne più complessa e il sistema dell’hypocaustum si diffuse come innovazione ingegneristica.
Il peristilium, elemento cardine dell’architettura greca, divenne il protagonista dell’abitazione imperiale, con un hortus più curato e la presenza di numerose statue. Questo spazio era un simbolo di prestigio, arricchito da decorazioni raffinate, colonne eleganti e una varietà di elementi artistici. L’hortus era caratterizzato da sentieri geometrici, aiuole curate e piccoli labirinti verdi.
Un porticus, sostenuto da colonne tuscaniche, doriche, ioniche o corinzie, circondava l’hortus, offrendo riparo dalle intemperie. Le colonne potevano essere realizzate in marmo, muratura o dipinte di rosso nella parte inferiore, con la parte superiore scanalata. Gli oscilla, decorazioni appese alle colonne, creavano giochi di luce e movimento grazie al vento.
Il pavimento del portico era realizzato con materiali di pregio come cocciopesto, mattoni in cotto, mosaici o lastre di marmo composito. Le pareti erano spesso affrescate con scene mitologiche o motivi naturalistici e realizzate in opus sectile.
Un viaggio tra le Domus più famose
Tra le domus romane più celebri spicca la Domus Aurea di Nerone, costruita tra il 64 e il 68 d.C., dopo l’incendio di Roma. Il nome della dimora imperiale deriva dalle decorazioni interne, caratterizzate dall’uso massiccio di oro e materiali preziosi. Nerone, inaugurando la sua nuova residenza, affermò di abitare finalmente “in una casa degna di un uomo”.
La Domus Aurea si estendeva per circa 80 ettari (2,5 kmq) e comprendeva vigneti, pascoli, ringhiere di bronzo e persino un lago artificiale. Dopo la morte di Nerone, la domus fu in gran parte demolita e interrata dai suoi successori, che vollero cancellare la memoria dell’imperatore.

Per la progettazione della sua domus, Nerone si avvalse degli architetti Celere e Severo e del pittore Fabullo. Il complesso architettonico comprendeva circa 150 ambienti, costruiti in opera laterizia e disposti attorno alla sala ottagonale, il fulcro dell’intera struttura. Le pareti erano rivestite con lamine d’oro e marmi preziosi, mentre i soffitti erano stuccati e decorati con pietre, conchiglie e gemme.
Il settore occidentale era circondato da un portico in stile ionico e ospitava gli ambienti più importanti, come la Sala della volta delle civette e il Ninfeo di Ulisse e Polifemo. Il settore orientale, caratterizzato da uno stile più elaborato, comprendeva la Sala della volta dorata, la Sala di Achille a Sciro e la Sala di Ettore e Andromaca.
Un altro esempio celebre di domus è la Casa del Fauno a Pompei, risalente al II secolo a.C. Questa era una delle residenze più grandi e lussuose della città, occupando un’intera insula di circa 3.000 metri quadrati.
La casa prende il nome da una statua in bronzo raffigurante un fauno danzante, situata nell’impluvium dell’atrio principale. La statua, simbolo di gioia e fertilità, è oggi conservata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, mentre una copia è esposta nel sito originale a Pompei.
La struttura della Casa del Fauno è articolata attorno a due atri e due peristili, con numerose stanze decorate con mosaici e affreschi di pregevole fattura. Uno dei reperti più celebri rinvenuti nella casa è il Mosaico di Alessandro, che raffigura la battaglia di Isso tra Alessandro Magno e Dario III.
A Ercolano si trova la Domus dei Cervi, sepolta durante l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Costruita durante l’impero di Claudio, la casa apparteneva allo schiavo Granus Verus. La domus si estende fino a una terrazza costruita oltre le antiche mura di cinta, che offriva una vista panoramica sul Golfo di Napoli. Sulla terrazza si trova una struttura simile a un gazebo, caratterizzata da pilastri in tufo realizzati in opera listata e decorati con stucchi bianchi e rossi. Una peculiarità di questa domus è l’assenza di compluvium e impluvium nell’atrio.
Il triclinium è decorato con pannelli neri incorniciati in rosso, mentre il pavimento è realizzato in marmi policromi. Una serie di piccoli ambienti si sviluppano perpendicolarmente all’atrio e al triclinio, alcuni decorati con pannelli rossi, altri in rosso e arancione. Le pareti sono decorate con sessanta pannelli affrescati, alcuni dei quali furono rimossi durante le esplorazioni borboniche e sono ora conservati al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

Declino e trasformazione: Dalla Domus alla villa tardoantica
La crisi del III secolo segnò l’inizio del declino delle domus. Le problematiche socio-politiche del periodo costrinsero le famiglie più agiate a rinunciare al lusso che queste dimore rappresentavano. I cambiamenti furono dovuti anche alla crescente insicurezza delle città: le continue incursioni barbariche e il clima di disordine generale spinsero molti a lasciare le aree urbane per rifugiarsi nelle villae in campagna.
Le criticità scaturite dalla crisi del III secolo raggiunsero l’apice a partire dalla seconda metà del V secolo e nel successivo. Il progressivo decadimento portò all’inserimento di più nuclei familiari in ogni domus. Le insulae divennero la soluzione abitativa più diffusa, anche perché più economiche. L’aristocrazia, quando possibile, cercò di evitare le città, sempre più sovraffollate e pericolose.
Di conseguenza, le domus abbandonate furono spesso trasformate in magazzini, caserme o officine, oppure inglobate in edifici pubblici o religiosi. Le costruzioni divennero più semplici, con edifici a un solo piano realizzati con tecniche povere. Per i pavimenti venivano utilizzati materiali umili come la terra battuta o l’argilla. La scarsa qualità dei materiali interessò anche gli edifici pubblici, come il Capitolium di Brescia o il Foro di Luni.
Il valore storico delle domus romane si manifestò soprattutto nei secoli successivi alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente. Il concetto della domus come simbolo dello status sociale del proprietario sopravvisse nel Medioevo. Nelle città italiane, come Firenze, le famiglie nobili iniziarono a costruire case-torri, che, pur avendo una struttura verticale differente, riflettevano l’idea romana di casa come simbolo di prestigio.
Inoltre, i resti delle domus romane furono spesso smantellati per recuperare materiali da costruzione, come colonne, capitelli e blocchi di pietra, che vennero riutilizzati per costruire chiese, castelli e abitazioni. L’uso romano di archi e volte ispirò le costruzioni medievali, in particolare nelle abitazioni signorili e nei monasteri.
Si mantenne l’uso di un cortile centrale, funzionale per la raccolta dell’acqua piovana, proprio come avveniva con il compluvium romano, e si conservò il concetto di case a corte. In questo modo, l’eredità della domus romana continuò a vivere nei secoli successivi, influenzando l’architettura e la cultura delle epoche successive.