La battaglia di Alesia è uno scontro avvenuto tra le legioni romane di Giulio Cesare nelle campagne galliche, e le tribù guidate dal Re degli Arverni, Vercingetorige.
Rappresenta una delle più grandi vittorie di Giulio Cesare: un avvenimento che consegnò definitivamente la Gallia nella mani di Roma e che cambiò per sempre il destino dell’Europa.
Le campagne in Gallia e l’arrivo di Vercingetorige
Quando Giulio Cesare decise di conquistare la Gallia, perseguì una campagna puramente imperialistica e fece coincidere all’espansione di Roma anche il suo tornaconto politico ed economico.
Nel corso delle campagne galliche, Cesare compì una serie di operazioni militari straordinarie ricordate ancora oggi come uno dei momenti più alti dell’organizzazione bellica di Roma.
Uno degli elementi fondamentali che gli garantirono il successo, fu il fatto che le tribù galliche, notoriamente divise tra di loro, non furono quasi mai in grado di organizzarsi a dovere, alleandosi talvolta con Roma e sostenendola dal punto di vista degli approvvigionamenti.
La conquista della Gallia sembrava un processo quasi concluso, almeno fino al 52 a.C quando avvenne un colpo di coda proprio nel momento in cui sembrava che tutte le tribù fossero state sottomesse: Vercingetorige, capo degli Arverni, riescì nell’intento di unire tutte le tribù galliche contro il nemico comune.
Vercingetorige utilizzò la tattica della terra bruciata, tagliando i rifornimenti alle truppe romane, anche se questo aveva un grosso costo per le stesse tribù galliche che dovevano bruciare i loro raccolti.
Fino al momento in cui ebbe un primo scontro con Cesare, a Gergovia, una zona molto ben fortificata e capitale della tribù degli Arverni.
Nonostante un assedio ben congegnato, Cesare subì uno smacco e fu costretto a ritirarsi, in quella che viene ricordata come la prima grande sconfitta di Cesare in Gallia.
In realtà, Vercingetorige avrebbe voluto continuare una guerra di logoramento, ma le instabili tribù galliche premevano per un confronto diretto, il che modificò pesantemente la strategia adottata fino a quel momento.
Allo stesso tempo, con la sua ben nota velocità, Cesare attaccò il cuore della rivolta gallica. Il campo di battaglia si spostò così verso Alesia, dove Vercingetorige si era bloccato e barricato con le sue truppe.
A questo punto, Cesare diede il via a uno dei più importanti assedi della sua carriera militare facendo costruire un’enorme serie di fortificazioni attorno alla rocca, la circonvallazione: strutture estremamente complesse che ancora oggi sono considerate un capolavoro d’ingegneria.
Vercingetorige tentò d’inviare contingenti di cavalleria per cercare di spezzare le linee romane, ottenendo solo una pesante sconfitta: resosi conto di aver bisogno di aiuto, inviò i suoi cavalieri a chiedere soccorso e milizie a tutte le altre tribù galliche.
Una vera e propria chiamata alle armi su vastissima scala.
Cesare capì che la situazione si era fatta molto particolare: mentre il suo esercito stava assediando Vercingetorige, tutte le tribù della Gallia stavano convergendo ad Alesia per colpirlo alle spalle.
Per questo motivo, decise di costruire un’altra serie di immani fortificazioni, stavolta per difendersi da un attacco esterno, chiamata controvallazione, per resistere all’orda barbarica che stava accorrendo in aiuto di Vercingetorige.
La doppia fortificazione non era un’idea di Cesare: era già stata utilizzata nell’assedio di Siracusa, diversi secoli prima. Ma nel caso di Alesia possiamo certamente dire che questa tecnica venne portata al suo massimo.
Una brutta pagina di storia merita di essere ricordata per ciò che concerne Alesia. Dopo le prime settimane di assedio, le donne e i bambini che si trovavano in città vennero cacciati fuori dalla roccaforte da Vercingetorige perché colpevoli di consumare cibo e acqua.
Cesare, per non correre rischi, decise di non accoglierli e una piccola massa umana rimase intrappolata in una zona franca fra i due eserciti.
Uno stallo che portò centinaia di persone a morire di fame tra le urla e la disperazione, davanti agli occhi impietosi di entrambi gli schieramenti.
Alesia. L’attacco di cavalleria
Sono tre gli attacchi dei Galli che vennero scagliati ad Alesia: il primo avvenne di giorno e fu portato avanti prevalentemente dalla cavalleria.
Le truppe di Vercingetorige vennero schierate a occidente: la cavalleria fu intervallata dalla fanteria e dagli arcieri che insieme costituirono una linea di attacco importante e pericolosa.
Cesare rispose a questa linea di assedio con la sua cavalleria ingaggiando una battaglia feroce dove per tutta la giornata le forze si equivalsero in quanto a potenza d’attacco.
Il condottiero gallico fece partire allo stesso tempo un attacco dall’interno di Alesia verso l’esterno, ma l’iniziativa non ottenne i risultati sperati, giungendo in ritardo in battaglia.
Fu la cavalleria germanica, la più forte in assoluto tra le fila romane, a risolvere la situazione attaccando sul fianco le truppe galliche e costringendole alla ritirata.
Alesia. L’attacco notturno
La seconda battaglia sul campo di Alesia avvenne invece di notte: i galli aspettarono il favore delle tenebre per attaccare, proponendo essenzialmente lo stesso schieramento del primo “round”.
In questo caso, l’immenso attacco venne ammortizzato con difficoltà dai romani che si trovarono a dover difendere con tutte le proprie forze le fortificazioni.
Per tentare di distruggere questa barriera romana i galli utilizzarono di tutto: frecce, sassi, giavellotti. I soldati di Vercingetorige compirono molteplici attacchi simultanei in più punti, scatenando una risposta altrettanto forte da parte dei romani che risposero al fuoco utilizzando anche la loro temibile artiglieria.
Erano armi davvero micidiali: studi recenti hanno evidenziato come le biglie di ferro lanciate dalle fionde romane erano tranquillamente paragonabili a pallottole di una 44 magnum.
Anche nel corso di questa seconda giornata di battaglia, Vercingetorige cercò di attaccare dall’interno, ma di nuovo sbagliò i tempi: a rivelarsi ottimo alleato di Cesare, in una battaglia dove la crudeltà e la fierezza di entrambi i popoli la fecero da padrona, fu il sorgere del sole.
La luce permise ai romani di calibrare con maggiore precisione i propri colpi, costringendo i Galli a ritirarsi nuovamente.
L’attacco dal monte Rea
Il terzo e ultimo giorno di battaglia ad Alesia vide cambiare la situazione in campo: tutti, soprattutto le tribù galliche, si giocarono il tutto e per tutto.
Impegnandosi in un’attenta ricognizione delle fortificazioni romane, i Galli si accorsero che esisteva un punto debole finora non sfruttato: in corrispondenza del monte Rea, a nord delle fortificazioni romane.
Si trattava di un’altura così imponente e così alta, intervallata da fiumi, da non consentire il completamento della struttura di difesa nella zona settentrionale.
I capi galli decisero quindi di selezionare 60 mila tra i loro soldati più forti e coraggiosi e li posizionarono, nascosti, dietro il monte Rea per attaccare nel momento giusto.
Al terzo giorno di scontri si verificò un attacco multiplo: il primo avvenne, come sempre, ad occidente e frontale alle fortificazioni, il secondo da settentrione, dal Monte Rea, e proprio nel punto più debole della barriera romana.
Il terzo, dall’interno e portato avanti dallo stesso Vercingetorige e questa volta perfettamente sincronizzato.
Fu in questo momento che le difese romane iniziarono a scricchiolare seriamente.
Ma avvenne qualcosa d’incredibile che portò un esercito attaccato in tre punti e bisognoso di approvvigionamenti alla vittoria.
Giulio Cesare, che si trovava nella parte meridionale del territorio attorno ad Alesia, scese direttamente in campo.
Percorse tutta quanta la linea di fortificazioni di Alesia, incoraggiando, dando ordini ai centurioni e spronando i soldati fino ad arrivare proprio nella zona più calda dei combattimenti, davanti al monte Rea.
Il suo intervento personale fu decisivo: grazie anche alle truppe che lo accompagnavano e a quelle giunte sul campo ai comandi del suo braccio destro, Tito Labieno, Cesare riuscì a ribaltare la situazione, attaccando le fanterie scelte dei galli e costringendoli alla resa.
La resa di Vercingetorige e il trionfo di Cesare
Vercingetorige, secondo la tradizione, dopo aver indossato la sua corazza più bella, uscì con il suo cavallo e percorse solennemente un piccolo sentiero, avvicinandosi alle truppe romane che lo osservavano con estrema attenzione.
Il generale gallico, entrò nell’accampamento romano, compì tre giri attorno a Cesare, seduto vicino alla sua tenda. Poi, posizionatosi davanti al suo nemico esclamò: “Hai vinto un uomo forte, o uomo fortissimo”.
E gettò a terra le armi, rimanendo muto e accettando la sconfitta.
Il destino fu molto duro con Vercingetorige. Vide il suo popolo arrendersi ai romani, e rimase carcerato fino al ritorno di Cesare a Roma, quando, durante il trionfo, venne strangolato pubblicamente.
Il popolo gallico entrò negli anni successivi nell’orbita romana senza più la capacità di opporre una serie resistenza alle legioni romane.
Ma bisogna tributare a Vercingetorige il più grande onore delle armi, per essere stato uno dei nemici più forti che si contesero un posto nella storia con il grande Giulio Cesare.