Napoli. Identificato affresco romano di Ercole rubato ad una villa di Pompei

Un piccolo frammento di affresco raffigurante Ercole bambino che lotta con un serpente ha finalmente ritrovato la sua casa originaria, dopo un lungo percorso che lo aveva allontanato dal contesto per il quale era stato creato quasi duemila anni fa.

Gli specialisti del Parco Archeologico di Pompei hanno stabilito che il dipinto proviene dalla villa di Civita Giuliana, una residenza di lusso situata alla periferia dell’antica città, già nota negli ultimi anni per il rinvenimento di ambienti raffinati e per le indagini legate al traffico illecito di reperti. Il riconoscimento del luogo di provenienza non riguarda solo un singolo frammento, ma consente di ricostruire idealmente un intero ambiente decorato, restituendo coerenza a una scena sacra che il mercato clandestino aveva spezzettato e disperso.​

Secondo quanto ricostruito dagli archeologi, il frammento apparteneva ad una stanza privata della villa, un piccolo spazio di culto destinato alle pratiche religiose domestiche. Il sacello era interamente rivestito da dodici pannelli dipinti, uno accanto all’altro, che le indagini hanno permesso di collegare al ciclo delle dodici fatiche di Ercole, uno dei soggetti mitologici più popolari nell’iconografia romana di epoca imperiale.

Il frammento oggi recuperato raffigura un episodio precedente alle celebri imprese, mostrando Ercole ancora bambino mentre affronta un serpente, allusione alla forza straordinaria dell’eroe già manifestata in età precoce e al destino eccezionale che lo attende.​

La villa di Civita Giuliana, collocata appena fuori Pompei, si distingue per le sue caratteristiche di residenza d’élite, caratterizzata da ambienti di rappresentanza e spazi privati che rispecchiano il gusto e le ambizioni di una famiglia di rango elevato. In un contesto del genere, un sacello decorato con un ciclo erculeo aveva un forte valore simbolico: Ercole era associato alla forza e alla protezione, ma anche all’idea di superamento delle prove e di conquista di uno status quasi divino.

Un ambiente religioso domestico rivestito da dodici scene mitologiche, affiancate da una lunetta superiore con l’eroe bambino, costruiva un racconto visivo continuo che accompagnava i riti privati e, allo stesso tempo, impressionava gli ospiti ammessi in quello spazio.​

L’intero rivestimento pittorico del sacello risulta però saccheggiato: i dodici pannelli originari sono stati tutti trafugati. Ogni pannello, strappato dalla parete, è diventato un oggetto isolato immesso nel circuito del collezionismo clandestino, perdendo così il legame con il suo contesto architettonico, religioso e iconografico. Il recupero del frammento con Ercole bambino permette ora agli studiosi di definire in modo più preciso la struttura complessiva del programma figurativo del sacello e di tentare un’identificazione degli altri pannelli dispersi, incrociando stile, dimensioni e soggetto con materiali noti sul mercato antiquario e nei sequestri già avvenuti.​

Il frammento è rientrato in Italia dagli Stati Uniti nel 2023, nell’ambito di una collaborazione tra autorità italiane e statunitensi impegnate nel contrasto al traffico illecito di beni archeologici. Una volta riportato nel Paese, gli esperti del Parco Archeologico di Pompei hanno lavorato per confrontarlo con le evidenze note a Civita Giuliana, analizzando caratteristiche tecniche, cromie, spessori dell’intonaco e modalità di esecuzione pittorica per collocarlo con sicurezza nella decorazione del sacello. Questo lavoro di riconnessione tra un reperto isolato e il suo ambiente originario rappresenta uno degli aspetti più delicati e complessi del lavoro di tutela, perché richiede non solo competenze storiche e artistiche, ma anche la capacità di leggere lacune e coincidenze in un tessuto documentario spesso frammentario.​​

Le autorità italiane proseguono ora la ricerca degli altri affreschi trafugati, con l’obiettivo di rintracciare i pannelli ancora dispersi e, se possibile, restituirli alle collezioni pubbliche e al contesto scientifico. Ogni nuova pista, ogni immagine riemersa da vecchi cataloghi o da archivi privati può contribuire a ricomporre il mosaico di questo ambiente sacro, restituendo coerenza a un insieme oggi mutilato. Il caso di Civita Giuliana si inserisce in un’azione più ampia di contrasto ai tombaroli e ai traffici internazionali, che negli ultimi decenni hanno sottratto a Pompei e alle sue ville una parte importante del patrimonio figurativo, spesso riapparso in collezioni estere e ora oggetto di negoziati di rientro.​

Il recupero dell’affresco con Ercole bambino permette di comprendere meglio la religiosità privata nel mondo romano. I sacelli domestici, gli altari, le nicchie votive e le decorazioni mitologiche erano strumenti attraverso i quali le famiglie esprimevano devozioni, speranze, paure e aspirazioni. Un ciclo come quello delle dodici fatiche di Ercole, inserito in un contesto di culto privato, permette di leggere la religione non solo dal punto di vista ufficiale dei templi e dei sacrifici pubblici, ma anche da quello quotidiano e intimo degli spazi domestici, dove mito e vita reale si intrecciavano in modo costante.​

L’attenzione dedicata a Civita Giuliana si lega inoltre ad altri ambienti pompeiani recentemente studiati o restaurati, come le sale da pranzo affrescate con scene legate al dio del vino e ai suoi seguaci, che mostrano come i proprietari abbiano scelto con cura i soggetti mitologici per definire l’atmosfera degli spazi di rappresentanza.

In questo contesto, il sacello erculeo della villa era sicuramente il cuore religioso e simbolico di una residenza che alternava momenti di ostentazione pubblica a momenti di devozione privata, entrambi espressi attraverso cicli pittorici complessi e ricchi di significati. ​