Dove sono finite le parti mancanti del Colosseo? Storia dei materiali scomparsi

A Roma, il Colosseo non cessa di suscitare domande e misteri. Fra questi, uno dei più affascinanti riguarda la sorte delle sue parti mancanti, un enigma che intreccia la storia dell’anfiteatro più celebre e la crescita della città nei secoli successivi alla caduta dell’Impero. Oggi chiunque si soffermi davanti all’imponente struttura può notare un vuoto evidente: la parte meridionale manca quasi completamente, mentre quella settentrionale si mostra ancora integra e riconoscibile nella sua grandiosità. Le ragioni di tale asimmetria vanno ricercate non solo nei crolli provocati da terremoti, ma soprattutto nei cambiamenti subiti da Roma tra Medioevo ed età moderna.

Le devastazioni iniziarono con le scosse sismiche, in particolare quelle tra il V e il VI secolo, che causarono gravi lesioni alle strutture che non poggiavano su solide fondamenta di roccia, soprattutto nel settore sudoccidentale. Le macerie si accumularono e la città, già avviata verso nuove esigenze urbanistiche, trovò in queste rovine una preziosa “riserva” di materiale edilizio. Il Colosseo divenne così un’enorme cava urbana: enormi blocchi di travertino furono asportati dalle arcate cadute per essere riutilizzati nella costruzione di palazzi nobiliari, basiliche, fragili tracciati stradali e strutture civili. Anche la celebre Basilica di San Pietro e il Palazzo Barberini devono parte dei loro materiali originari a queste spoliazioni.

Non solo la pietra trovò altri destini: le antiche grappe metalliche, che legavano i blocchi della facciata, furono divelte e fuse per realizzare armi e utensili già durante l’età medievale. Il monumento perse così gran parte del suo rivestimento originale, spogliato dal tempo e dagli uomini. Nei secoli tra il tardo Medioevo e il pieno Rinascimento, papi, aristocratici e persino artigiani romani si rifornirono senza scrupoli presso l’anfiteatro: Papa Nicolò V nel 1451 ne trasse in un anno almeno 2.500 carri colmi di travertino e tufo, trasportandoli nelle fornaci capitoline e rendendo il Colosseo vulnerabile e sfigurato rispetto alla sua originaria forma ovale.

Con il declino dell’Impero e la sempre crescente insicurezza politica, anche gli usi dell’anfiteatro mutarono profondamente. Nel corso del Basso Medioevo e nel Rinascimento, il monumento divenne gradualmente un luogo abitato e pieno di nuove funzioni: le sue arcate furono chiuse e suddivise in botteghe, artigiani e abitazioni. All’interno del Colosseo sorsero quartieri popolari, orti ed anche luoghi di culto, come la chiesa di San Giacomo e successivamente una cappella dedicata alla Madonna della Pietà. I potenti della città, come le famiglie Frangipane e Annibaldi, ne fecero una roccaforte militare, erigendo torri difensive e integrando le mura antiche con strutture più recenti per rafforzarne il carattere strategico e difensivo.

La progressiva appropriazione degli spazi e la trasformazione in fortificazione urbana andarono di pari passo con l’utilizzo spregiudicato dei materiali. L’anello esterno, che oggi si interrompe bruscamente soprattutto in corrispondenza di via di San Giovanni in Laterano e via dei Fori Imperiali, subì restauri già tra Sette e Ottocento, ma gli esperti sottolineano come questi interventi abbiano spesso cancellato tracce utili a comprendere le originarie tecniche costruttive e le trasformazioni storiche subite dal monumento romano per eccellenza.

Non minore è l’attenzione alla struttura sotterranea, dove le recenti campagne di scavo archeologico stanno riportando alla luce antichi corridoi e fondamenta che chiariscono ulteriormente le fasi di abbandono, le opere di restauro nei secoli e persino l’utilizzo pratico dei sotterranei durante i giochi gladiatori o le battaglie navali (naumachie). Alcuni blocchi rinvenuti venivano impiegati per sostenere il complesso sistema di pavimentazione mobile e le imponenti macchine sceniche. L’analisi degli ipogei offre un affaccio privilegiato sulle fasi domizianea e teodoriciana, che hanno segnato la storia e la funzionalità dell’edificio.

Sebbene la leggenda attribuisca la distruzione delle parti mancanti a invasioni barbariche o eventi catastrofici, la realtà storica parla di un progressivo smantellamento consapevole, riconducibile soprattutto alle scelte delle autorità e agli abitanti della città nel corso dei secoli. Oggi una visita al Colosseo significa interrogarsi su queste vicende, sulle mutazioni del paesaggio romano e su un passato fatto di recuperi, distruzioni e ricostruzioni. Il fascino dell’anfiteatro risiede anche in questi vuoti, simbolo di una Roma che nei secoli ha saputo reinventarsi tra memoria, necessità e potenti spinte di trasformazione urbana.