Cristiani in pasto ai leoni. Realtà o mito costruito?

L’immagine dei cristiani gettati in pasto ai leoni nel Colosseo e, più in generale, negli anfiteatri romani è uno dei simboli più potenti e drammatici del primo cristianesimo.

I racconti, i dipinti e persino i film hanno spesso rappresentato fedeli devoti che affrontano con straordinario coraggio leoni ruggenti, cantando e pregando pochi attimi prima di essere sbranati, mentre una folla assetata di sangue grida ed esulta.

Tuttavia, gli storici contemporanei hanno rivalutato questo grande caposaldo della storia cristiana, indagando sulle evidenze storiche per comprendere se l’idea dei cristiani divorati dai leoni appartenga alla realtà o rappresenti piuttosto una interpretazione successiva del fenomeno.

La “Damnatio ad bestias”

Partiamo dal presupposto che nell’antica Roma esisteva certamente la “Damnatio ad bestias”, ovvero la “condanna alle bestie”, una tipologia di esecuzione capitale prevista dal diritto romano, riservata ai criminali di basso rango, agli schiavi e a coloro che si erano dimostrati nemici dello Stato. 

Questa pratica era annoverata come punizione per reati gravi sin dagli albori della storia di Roma e non fu certamente elaborata in occasione dei reati cristiani.

Dai testi degli autori latini e dalle rappresentazioni sui mosaici romani sappiamo che le bestie utilizzate erano perlopiù leoni o tigri, ma potevano essere impiegati anche orsi, lupi o leopardi fino ad animali di taglia più piccola come cani, linci e cinghiali. 

Le esecuzioni si svolgevano al mattino o poco prima degli spettacoli gladiatori: il condannato veniva legato a un palo, spesso vestito con i panni di un personaggio mitologico e lasciato in balìa degli animali.

In questo modo, oltre ad eseguire la condanna, si offriva contemporaneamente al pubblico una ricostruzione drammatica ma verosimile di un episodio della mitologia greca o latina.

La prima esecuzione documentata risale al 167 d.C., quando Emilio Paolo, dopo aver ottenuto la vittoria su Perseo, ordinò che i disertori del nemico fossero schiacciati dagli elefanti, il che conferma che la damnatio ad bestias era una punizione riservata al mondo militare o civile e non aveva, di per sè, alcun significato religioso.

Le persecuzioni dei cristiani sotto Nerone

La prima persecuzione diretta in maniera specifica contro i cristiani avvenne sotto l’imperatore Nerone nel 64 d.C., in seguito all’incendio che devastò buona parte della città di Roma.

Nerone, che era anche il praefectus urbis della città, venne accusato da diversi contemporanei non tanto di aver appiccato volontariamente il fuoco, come comunemente si crede, ma di non aver gestito adeguatamente la risorse della città, dando adito allo scatenarsi dell’incendio.

Così lo storico romano Tacito spiega che lo stesso imperatore, per sopprimere la diceria, indirizzò la colpa sui cristiani, già odiati per le loro nefandezze e per le loro pratiche poco chiare al popolo romano.

Di nuovo Tacito passa poi a descrivere i supplizi a cui furono sottoposti i cristiani: nei suoi scritti, lo storico romano riferisce che i condannati furono crocifissi e dati alle fiamme, ma manca qualsiasi riferimento alla “Damnatio ad bestias”, nè tantomeno si trova alcuna menzione dei leoni.

La seconda grande fonte su questo periodo è Svetonio che, avendo accesso agli archivi del senato, poteva ottenere informazioni di prima mano sui provvedimenti dell’imperatore Nerone.

Anche in questo caso, l’autore descrive le punizioni dei cristiani definendoli “una classe di uomini dedita ad una superstizione nuova e malevola”, ma non viene specificato alcun uso dei leoni.

I leoni di Tertulliano e il simbolismo cristiano

L’associazione tra cristiani e leoni, molto radicata nell’immaginario collettivo, non deriva dunque dalla storiografia classica romana quanto piuttosto dai principali autori cristiani successivi.

Il più eminente è certamente Tertulliano, che visse tra il II e il III secolo d.C., il quale, raccontando delle esecuzioni contro i cristiani, è il primo a menzionare il grido “Ai leoni!”, definendolo come un’esclamazione del pubblico romano contro i primi martiri.

Ma ad una analisi attenta del testo bisogna notare come Tertulliano, in altre parti dei suoi racconti sugli spettacoli gladiatori, utilizzi termini molto generici e spesso imprecisi, il che suggerisce che forse l’autore non abbia mai veramente assistito agli spettacoli dell’anfiteatro o che non ne avesse una conoscenza sufficiente da poter essere considerato attendibile.

Una nuova menzione dei leoni appare in Cipriano di Cartagine, in una lettera ai martiri. Anche se stavolta l’immagine dei felini che divorano i cristiani è raccontata con completezza, è impossibile non notare come l’autore reinventa completamente la forma delle arene e degli anfiteatri, eliminandola totalmente dal contesto storico prettamente romano e ripresentando i martiri come dei soldati impegnati nella battaglia contro il male.

In questo senso, il sangue dei martiri diventa un’arma contro le fiamme dell’inferno, in un’arena che non è stata costruita dai romani, ma da una divinità giudaico cristiana.

La critica moderna sul mito dei cristiani e dei leoni

Se le fonti più vicine ai fatti non citano alcuna condanna ai leoni, e quelle cristiane dimostrano poca conoscenza tecnica, studiosi recenti hanno addirittura messo in discussione la narrativa tradizionale delle persecuzioni cristiane.

Il saggio che maggiormente sfida questo concetto è quello della storica Candida Moss che, in un libro piuttosto controverso e criticato da altri studiosi, “Il mito della persecuzione”, sostiene addirittura che le persecuzioni contro i cristiani si verificarono solo per un arco temporale di circa 10-12 anni, anziché per i 300 che comunemente vengono tramandati.

Moss spiega che molti racconti del martirio vennero esagerati nel IV secolo d.C., attribuendo la colpa ad Eusebio di Cesarea, il biografo dell’imperatore Costantino, che aveva tutta l’intenzione di consolidare una narrativa distorta della resistenza cristiana per motivi prettamente religiosi.

La studiosa distingue tra la persecuzione per motivi di fede, che a suo dire non sarebbe sostanzialmente mai avvenuta, e il perseguimento per presunti crimini, assolvendo nella stragrande maggioranza dei casi le autorità romane.

Un altro saggio, quello di Robin Lane Fox, nell’influente lavoro “Pagani e cristiani”, propone una visione più sfumata ed equilibrata, riconoscendo e confermando l’esistenza di persecuzioni specifiche contro i cristiani, ma con un lavoro di contestualizzazione all’interno delle dinamiche sociali del tempo.

Singoli episodi, diventati simbolo

Pesando tutti gli elementi, la conclusione più ragionevole è quella che, pur senza scadere nel negazionismo, ridimensiona i fatti nel contesto storico.

Sebbene alcuni cristiani possano essere stati condannati alla “Damnatio ad bestias” questa non fu la principale forma di esecuzione utilizzata contro di loro ed è logico pensare che si tratti di una narrativa cristiana successiva, che ha immaginato e reinterpretato i fatti per drammatizzare le persecuzioni contro i primi fedeli.

In altre parole, l’immagine dei cristiani sistematicamente gettati in pasto ai leoni per più di tre secoli non sembra rappresentare la verità storica vera e propria, quanto piuttosto dei singoli episodi potenzialmente accaduti che, opportunamente rielaborati, si siano prestati a diventare un simbolo del cristianesimo e dei suoi principi.

Un lavoro di ricostruzione per certi versi necessario, soprattutto per una giovane religione emergente, che aveva bisogno di aiutare la prime comunità cristiane ad aggregarsi attorno a delle grandi immagini collettive e ad esempi eterni di coraggio e di fede.