La congiura di Catilina è uno dei fatti più interessanti che abbiano caratterizzato la storia repubblicana di Roma: cosa successe? Questo cospiratore era davvero così malvagio come lo dipingevano?
La dittatura di Silla e le liste di proscrizione
Si era nel periodo della tarda Repubblica e le guerre civili tra Mario e Silla vennero vinte da quest’ultimo, che si pose a capo di Roma come dittatore dando il via a una riforma dello Stato Romano.
La riforma di Silla dava molto più potere al Senato e ridimensionava drasticamente il ruolo del tribuno della plebe, che in teoria doveva proteggere gli interessi del popolo, ma che venne quasi completamente neutralizzato.
Parimenti, Silla ideò le liste di proscrizione: degli elenchi contenenti i nomi dei nemici politici che potevano essere uccisi pubblicamente, le cui ricchezze sarebbero andate in parte allo stato e in parte al suo assassino.
Sotto la dittatura Sillana emersero, chiaramente, alcuni personaggi.
Uno di essi fu Gneo Pompeo, che si dimostrò subito un validissimo generale al punto di essere chiamato “Imperator” da Silla in segno di favoritismo. Era certamente il suo “pupillo”, e probabilmente il suo successore.
Il secondo fu Crasso che, grazie alle liste di proscrizione, diventò in breve l’uomo più ricco di Roma con un patrimonio sconfinato e interessi diramati in tutti i settori finanziari.
Vi fu poi il protagonista di questo racconto, ovvero Lucio Sergio Catilina che fin da subito mostrò una comprensione della situazione di sofferenza del popolo ma anche una indole violenta.
Basti pensare che per il suo tornaconto personale fece inserire il fratello nelle liste di proscrizione per poterlo eliminare e per non avere problemi di tipo legale.
Catilina e i tentativi di raggiungere il consolato
Tra gli uomini che emersero durante il regno di Silla, Catilina fu senza dubbio quello più spietato e il primo, una volta morto il dittatore, a tentare di prendere il potere in un momento in cui la politica romana era immersa nel caos.
In quel momento Catilina era governatore in Africa ma al termine del suo incarico decise di candidarsi al consolato. La sua candidatura fu però subito stroncata da accuse di brogli e malversazioni che lo riguardavano nel suo periodo di gestione dell’Africa: per un uomo come lui, così ambizioso, si trattò di uno smacco duro da accettare.
A breve distanza, un episodio altamente significativo.
Vennero eletti due consoli sui quali caddero subito delle accuse di brogli elettorali, che risultarono poi fondate: le votazioni vennero annullate e i due accusatori dei neoconsoli vennero insediati al loro posto.
I due, estromessi e defenestrati, iniziarono a meditare di uccidere i due consoli attraverso un complotto al quale molte persone decisero di aderire, tra i quali figurava anche Catilina.
Dopo poco però, l’idea di un attentato venne accantonata: non è chiara la motivazione, forse si trattava solo di minacce.
Svetonio che ne raccontò, disse che al complotto erano pronti a partecipare anche Crasso e Cesare, ma non vi sono prove ulteriori di tale evenienza. Si tratta, a ogni modo, di una idea abbastanza inverosimile dato che entrambi credevano in un approccio alla politica differente e non volevano ricorrere violenza, almeno in questa fase di Roma.
Questo appena raccontato può essere considerato un primo virtuale attentato pensato ma non compiuto da Catilina.
Passò del tempo e Catilina decise di candidarsi nuovamente per il consolato riponendo in questo ultimo tentativo tutte le sue speranze: in opposizione a lui vi era Cicerone, l’homo novus, colui che non aveva altri politici in famiglia e che rappresentava una totale novità.
Catilina aveva in questo caso delle buone possibilità di vittoria potendo contare tra le altre cose anche del supporto economico, stavolta dichiarato, di Crasso e di quello politico di Cesare.
Entrambi lo appoggiavano perché ne condividevano le idee: Catilina voleva combattere l’oligarchia senatoria, voleva andare contro i potenti e contro l’aristocrazia.
Ma un certo punto sia Crasso che Cesare si resero conto della reale portata delle idee di Catilina: questo voleva organizzare un colpo di stato, creare una monarchia e diventare dittatore.
Una visione grande e violenta che portò sia Cesare che Crasso ad abbandonare Catilina per non essere accomunati a un progetto di così importante gravità. Il consolato venne quindi ottenuto da Cicerone.
La congiura di Catilina
Una ennesima sconfitta che fece scattare in Catilina l’idea di dare vita a una rivoluzione armata mettendo in atto un piano ben preciso: grazie alla complicità di alcuni uomini a lui fedelissimi, in una data precisa, avrebbero dovuto essere compiuti degli attentati nella città di Roma per eliminare i consoli e le personalità politiche importanti al fine di prendere immediatamente il potere.
E allo stesso tempo Manlio, il suo più fedele seguace, avrebbe dovuto portare anche l’Etruria, luogo perfetto per il reclutamento di soldati e difficile da gestire, a insorgere contro il potere romano avvalendosi di un esercito armato.
La congiura di Catilina sembrava avere tutte le carte per andare in porto se non fosse che Cicerone venne avvisato della rivolta in costruzione da ben tre persone contemporaneamente: Fulvia, amante di uno dei congiurati e da Cesare e Crasso che, pur essendo avversari politici del console, non condividevano l’attacco che l’ex amico aveva intenzione di portare avanti.
Cicerone ebbe così modo e tempo di prendere delle contromisure per tutti gli attentati organizzati da Catilina, che vennero soffocati sul nascere insieme alla congiura.
Cicerone avvertì il Senato al quale mostrò una serie di lettere anonime in cui la congiura veniva presentata e svelata. Un incontro nel quale Catilina si presentò spavaldo e durante il quale Cicerone pronunciò nella quarta catilinaria la famosa frase “Fino a quando Catilina abuserai della nostra pazienza?”.
Le accuse misero sostanzialmente Catilina al muro: il senatore decise dapprima di tentare di difendersi, salvo poi lasciare il Senato per organizzare una vera e propria rivolta armata.
Un atto che nel 62 a.C. a Pistoia lo vide perdere sia la battaglia contro l’esercito consolare che la vita.
Una riforma mancata?
Sebbene sia Catilina una figura abbastanza discutibile nel comportamento e nei modi di fare politica, non bisogna cadere nell’errore di considerarlo solamente un pazzo e un violento che voleva prendere il potere.
Era sicuramente tutto questo, ma è stato anche un uomo politico capace di raggruppare un forte seguito tra coloro che non avevano più nulla, tra i proletari disperati, tra coloro che erano falliti o sommersi dai debiti.
La sua idea politica era quella di annullare tutti i debiti, di redistribuire le terre: Catilina era in poche parole l’espressione del malessere del popolo romano, di cittadini costretti a vivere situazioni insostenibili.
E’ espressione al contempo della corruzione e della politica arrotolata su se stessa, un segno della scontentezza radicata nel popolo e della ferita profonda presente nella società romana della tarda Repubblica.