Ricevo un “Bing!” sul mio smartphone e un fan di Scripta Manent mi segnala un articolo sui giornali.
Dopo lo scoppio della crisi tra Israele e Palestina, i sostenitori italiani dello stato ebraico si sono aggregati a Roma, sotto l’arco di Tito, dove viene proiettata la bandiera di Israele.
Il mio ruolo di divulgatore storico e la mia lucida scelta di non inzupparmi nel torbido della politica, mi convincono ad astenermi da ogni commento: non perchè non sia doverosa una riflessione su questa nuova guerra, ma perchè, al solito, Hamas e Israele hanno già polarizzato le due parti politiche italiane, disposte a passare su tutto, pur di scannarsi.
Sotto l’aspetto storico però c’è da dire.
Seguendo una linea puramente temporale, la bandiera dello Stato di Israele proiettata sull’arco di Tito rasenterebbe la follia più raffinata.
Tito Flavio Vespasiano, al quale tra l’altro abbiamo recentemente dedicato una monografia, fu il generale che in terra di Giudea guidò i legionari durante i sette mesi necessari ad assediare Gerusalemme, devastarne le difese, combattere ferocemente per le strade e distruggerne il tempio, che andò irrimediabilmente a fuoco durante i combattimenti.
Sempre di Tito erano i legionari che trasportarono la Menorah, il candelabro a sette braccia simbolo della religione ebraica, fuori dal Tempio fumante, ora scolpiti proprio nel suo arco di trionfo, come una diapositiva ferma da duemila anni.
L’arco sul quale è stata proiettata la bandiera di Israele, fu fatto costruire dal fratello Domiziano per celebrare la vittoria di Tito sui Giudei, ed è eterno simbolo della straordinaria forza militare romana, che li annientò fino all’ultimo.
Tant’è che gli ebrei, nei secoli successivi, hanno sempre guardato all’arco di Tito come ad una umiliazione in forma marmorea, badando bene di deviare le loro passeggiate per non camminarci vicino.
I sentimenti di orgoglio per la vittoria romana e di dolorosa sconfitta per gli ebrei sono rimasti intonsi per svariati secoli, fino ad una freddolosa giornata dei primi di dicembre del 1947.
Il 2 di quel mese, la risoluzione 181 dell’ONU sancì la nascita del futuro Stato d’Israele, che sarebbe diventato realtà giusto 163 giorni dopo.
Allora, gli ebrei italiani si riunirono spontaneamente proprio sotto l’arco di Tito. Quasi a sfidare, con la loro presenza, l’imperatore romano, gli appartenenti alla comunità ebraica traghettarono quel simbolo di disfatta verso un emblema di vittoria, di agognato e infine raggiunto riconoscimento.
Da allora, il senso di quel luogo sembra essere cambiato. Se prima l’arco di Tito sembrava lanciare occhiatacce agli ebrei, ora ne protegge le speranze.
Per cui, volendo rispondere alla domanda sul senso “storico” del radunarsi sotto l’arco di Tito, la risposta è duplice.
Stando alla storia romana, è un assurdo e quasi grottesco controsenso.
Stando alla storia contemporanea, è un luogo dal rinnovato significato.
A noi decidere in quale epoca riconoscerci.