Nel cuore della valle del Falémé, in Senegal, recenti scavi archeologici hanno gettato nuova luce sulle comunità di cacciatori-raccoglitori che popolavano l’Africa occidentale circa novemila anni fa. Il sito denominato Ravin Blanc X è stato oggetto di una lunga campagna di ricerca guidata dall’Università di Ginevra, che ha permesso di recuperare le tracce di uno straordinario laboratorio di scheggiatura della quarzite e i resti di un antico focolare. Rispetto ad altre regioni del mondo, dove le grotte custodiscono intatti reperti preistorici, le condizioni climatiche e geologiche dell’Africa occidentale hanno reso estremamente raro il ritrovamento di siti così antichi e ben conservati. Questa scoperta offre, perciò, una finestra inedita sulla vita quotidiana e sulle tecnologie sviluppate da quei gruppi nomadi le cui tracce erano, finora, quasi scomparse dal panorama archeologico continentale.
Nel laboratorio di Ravin Blanc X non sono stati recuperati utensili completi, poiché la consuetudine degli antichi artigiani prevedeva di portare via con sé tutti gli strumenti finiti, lasciando invece sul posto una moltitudine di frammenti e scarti. Gli archeologi hanno quindi lavorato pazientemente, come in un minuzioso puzzle, ricostruendo a ritroso le tecniche di scheggiatura, i criteri di selezione della materia prima e il livello di abilità dei knapper dell’epoca. Gli studi hanno evidenziato una preferenza marcata per il quarzo di qualità superiore, scelto con attenzione per le sue proprietà fisiche e lavorato con maestria per ottenere microliti: piccoli utensili in pietra ideati per essere saldamente incastonati su armi da caccia leggere e maneggevoli, come frecce o lance.
Questi microliti, spesso considerati una manifestazione di ingegno tecnologico, si distinguevano per la loro uniformità e ripetibilità. La produzione seriale e altamente standardizzata dimostra una conoscenza approfondita delle proprietà dei materiali — non solo nella scelta della roccia migliore, ma anche nella precisione del gesto tecnico richiesto per realizzare oggetti di dimensioni e forme pressoché identiche. Lo smontaggio delle sequenze operative attraverso l’analisi dei microresti ha permesso di riconoscere i diversi stadi del lavoro, dalla preparazione dei nuclei di quarzo fino alla rifinitura delle lame più piccole destinate alla funzione finale.
La valenza del sito di Ravin Blanc X non riguarda soltanto le attività produttive. Accanto al laboratorio di scheggiatura, la presenza del focolare testimonia la dimensione sociale del gruppo umano che lo frequentava. Qui si concentravano non solo le operazioni tecniche, ma anche momenti di aggregazione, scambio di conoscenze, trasmissione di saper fare tra generazioni. Le ceneri, i resti bruciati e i sedimenti hanno restituito indizi fondamentali sulle abitudini alimentari, sui tempi di permanenza e sulle strategie di sopravvivenza adottate dai primi abitanti nomadi della regione.
La nuova indagine nel Falémé contribuisce così a colmare uno dei più significativi vuoti della preistoria africana. Le difficili condizioni ambientali della zona, infatti, avevano finora compromesso la conservazione dei reperti, rendendo impossibile studiare con precisione le traiettorie dei gruppi che hanno abitato questa fascia del continente. Grazie alla ricostruzione dettagliata dei gesti e delle tecniche di produzione, emerge una società tecnologicamente avanzata, capace di adattarsi a territori complessi attraverso soluzioni ingegnose e una propensione alla mobilità che si riflette nella leggerezza e portabilità degli strumenti realizzati.
Il laboratorio di Ravin Blanc X diventa così emblema del genio innovativo dell’uomo preistorico nell’Africa occidentale. Ogni frammento di quarzo racconta di scelte consapevoli, di attenzione alle risorse naturali e di una volontà di trasmettere competenze ai posteri. La scoperta sottolinea come la preistoria africana sia ancora ricca di capitoli inesplorati e come le società del passato possano ancora insegnare molto sulle dinamiche di adattamento e invenzione che hanno permesso l’evoluzione della nostra specie. L’analisi dei microliti e dei resti della vita quotidiana a Ravin Blanc X testimonia la complessità culturale e tecnica di una comunità che, pur invisibile da secoli sotto il suolo senegalese, ha lasciato un’impronta indelebile nella storia dell’umanità.