Nell’isola di Devon, nella regione artica canadese del Nunavut, la paleontologia ha compiuto un passo significativo grazie al ritrovamento di un fossile di rinoceronte vissuto circa 23 milioni di anni fa. Questo reperto, definito dagli scienziati “rinoceronte gelido”, permette di ricostruire la vita e l’evoluzione di una specie preistorica, la cui scoperta affonda le proprie radici nel lontano 1986, quando la professoressa Mary Dawson individuò i primi resti. Negli anni successivi, numerosi frammenti sono stati portati alla luce, fino a completare il 75 percento dello scheletro, una percentuale eccezionalmente alta per fossili di questa antichità, soprattutto perché parte della struttura non ha subito una mineralizzazione completa. Oggi, grazie alle ricerche di un gruppo di studiosi coordinati dalla dottoressa Danielle Fraser al Museo Canadese della Natura, questi reperti sono stati classificati come una nuova specie, denominata Epiatheracerium itjilik.
Il fossile è stato rinvenuto all’interno del cratere da impatto Haughton, un ambiente naturale che nel Miocene inferiore ospitava una rigogliosa foresta temperata, in netto contrasto con il paesaggio freddo e sterile che si osserva oggi. Tra i sedimenti di antichi laghi, i resti del rinoceronte sono rimasti protetti per milioni di anni insieme a quelli di molte altre specie vegetali e animali, donando ai paleontologi un prezioso archivio sul passato climatico e faunistico di questa remota regione.
La denominazione “itjilik” deriva dalla lingua inuit e sta ad indicare la natura gelida del luogo del ritrovamento, ma le condizioni ambientali dell’epoca erano molto diverse: il clima era temperato e adatto allo sviluppo di una vasta biodiversità, ben lontano dai ghiacci che oggi dominano il Nunavut. Questa nuova specie di rinoceronte preistorico si distingueva per una corporatura più slanciata rispetto al robusto rinoceronte bianco africano, presentando dimensioni paragonabili a quelle del rinoceronte indiano, ma con un fisico meno possente. Un aspetto particolarmente interessante riguarda l’assenza del corno, una caratteristica insolita se si pensa agli attuali rinoceronti viventi. Gli studiosi hanno potuto inoltre stabilire che l’esemplare analizzato morì relativamente giovane, grazie all’analisi dell’usura dei molari.
Secondo le ricerche genealogiche, Epiatheracerium itjilik rappresenta la specie di rinoceronte più settentrionale mai scoperta. Questi antichi mammiferi, a differenza dei pochi rappresentanti odierni concentrati in Asia e Africa, erano diffusi su quasi tutti i continenti: in passato esistevano quasi 60 specie differenti di rinoceronti, distribuite anche in Europa e nel Nord America. La presenza di questa specie nel territorio canadese ha portato gli scienziati a riconsiderare le dinamiche evolutive della famiglia dei rinoceronti, suggerendo un ruolo chiave dei territori atlantici nordici come via di dispersione tra continenti. Si riteneva che il passaggio di terra nordatlantico fosse chiuso già 56 milioni di anni fa, ma le nuove evidenze indicano che il fenomeno potrebbe essere avvenuto in epoche più recenti, circa dieci milioni di anni dopo l’estinzione dei dinosauri non aviani.
La condizione tridimensionale delle ossa e la loro conservazione parziale senza mineralizzazione rendono il fossile estremamente importante dal punto di vista scientifico. Le ossa permettono di analizzare con dettagli senza precedenti la struttura corporea dell’animale, offrendo la possibilità di comprendere meglio le tappe dell’evoluzione dei grandi erbivori artici. Secondo la dottoressa Marisa Gilbert, coautrice dello studio, lo scheletro del rinoceronte gelido fornisce una quantità di informazioni davvero rara per un animale di quell’epoca, avanzando la conoscenza sulla paleobiologia dei rinoceronti. Allo stesso tempo, la dottoressa Fraser ha sottolineato che la ricostruzione della specie getta una luce inedita sull’importanza delle regioni nordatlantiche nello sviluppo evolutivo di questi mammiferi.
La scoperta è stata resa ancora più significativa dalla collaborazione postuma con Mary Dawson, pioniera della paleontologia artica e figura centrale nello studio dei grandi vertebrati preistorici della zona. L’apporto della comunità scientifica internazionale, con studiosi canadesi e statunitensi, ha permesso di documentare anche le modalità di seppellimento dei reperti, tra detriti lacustri e movimenti geologici, contribuendo in modo decisivo alla conservazione del fossile fino ai giorni nostri.
La descrizione di Epiatheracerium itjilik è oggi considerata una pietra miliare nella comprensione dei grandi mammiferi della preistoria artica. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Nature Ecology & Evolution, testimoniando il valore di questa straordinaria scoperta per la paleontologia internazionale e per la ricostruzione del passato climatico della Terra. L’esemplare ritrovato sull’isola di Devon rappresenta non solo un viaggio indietro nel tempo, ma anche una testimonianza diretta dell’incredibile varietà biologica che dominava le regioni dell’estremo Nord milioni di anni fa.

