Olbia Provenza: scoperti riti e sepolture romane dal I al III secolo d.C.

A Olbia, nell’antica città situata oggi nella Francia meridionale, un’équipe di archeologi dell’Istituto Nazionale Francese di Ricerca Archeologica Preventiva ha portato alla luce oltre 160 sepolture a cremazione risalenti all’epoca romana, datate tra il I e il III secolo dopo Cristo. Lo scavo getta nuova luce sulle pratiche funerarie di una comunità che, sotto la dominazione romana, si distingueva per riti complessi e profondamente simbolici.

Lo studio ha permesso di ricostruire una sequenza rituale sorprendente. I corpi venivano posti sopra un supporto ligneo posizionato su una fossa quadrata. Durante la combustione, il telaio cedeva, permettendo ai resti di depositarsi naturalmente nel fossato sottostante. Il fuoco intenso generava effetti peculiari: oggetti in vetro si liquefacevano, quelli in bronzo si deformavano e i materiali ceramici si rivestivano di fuliggine, testimoniando la potenza e la durata dei roghi.

Al termine della cremazione, la gestione dei resti variava in base a dinamiche sociali o familiari della defunta comunità. Alcune fosse venivano semplicemente ricoperte con tegole e riempite di terra, mentre altre venivano invece svuotate e le ossa ridotte in piccoli cumuli o riposte in contenitori, dando origine a sepolture secondarie. Questa diversità nei trattamenti suggerisce una stratificazione sociale nella comunità romana di Olbia, ma anche una particolare attenzione ai significati della memoria e della commemorazione.

Un dettaglio di grande interesse riguarda la presenza di canali costruiti con frammenti di anfore. Questi permettevano l’offerta di libagioni liquide, come vino, birra o idromele, direttamente sulla tomba dei defunti durante alcune feste o celebrazioni in onore degli antenati. Si tratta di un elemento che conferma la persistenza di pratiche religiose collettive legate al culto dei morti e all’omaggio familiare, con la partecipazione delle comunità locali anche diversi anni dopo la sepoltura. Il gesto della libagione, carico di significato, rispondeva a una concezione della morte in cui il legame con il defunto continuava a essere coltivato attraverso rituali condivisi, mantenendo vivo lo spirito della tradizione romana.

I materiali ritrovati nelle fosse, dagli oggetti domestici ai recipienti per offerta, offrono nuove testimonianze sulla vita quotidiana e sulle credenze della società di Olbia. Il degrado subito dagli oggetti durante la cremazione restituisce un chiaro esempio di come il fuoco, elemento di purificazione ma anche di trasformazione definitiva, fosse considerato una soglia tra il mondo dei vivi e l’aldilà.

Le differenti tipologie di intervento sulle tombe – alcune coperte e sigillate con tegole, altre svuotate e sistemate – suggeriscono inoltre che le pratiche funerarie potevano essere influenzate da fattori come l’origine familiare, lo status sociale o particolari esigenze rituali. La presenza di sepolture con ossa raccolte in piccoli contenitori può rappresentare una scelta di particolare attenzione verso il defunto, forse riservata a personaggi di maggior prestigio o riconoscimento all’interno della comunità.

Questo nuovo scavo riveste un’importanza fondamentale anche per lo studio della presenza romana nel sud della Francia. Olbia, colonia romana fondata nel IV secolo a.C. e fiorente in età imperiale, costituiva un punto strategico nel sistema di scambi e relazioni del Mediterraneo occidentale. Le evidenze funerarie individuate danno forma concreta ai legami culturali e religiosi con Roma, e al contempo attestano l’interazione tra popolazioni locali e modelli imposti dalla romanizzazione, che si instauravano ma si adattavano alle specificità territoriali.

L’indagine archeologica ha consentito di ricostruire, attraverso rilievi stratigrafici e studio dei materiali, non solo il gesto funerario ma anche i processi di memoria, culto e identità comunitaria della città di Olbia in età romana. La scoperta delle libagioni, dei resti combusti e delle diverse pratiche di deposto offre nuovi scenari di interpretazione sulle forme di commemorazione e sugli aspetti più quotidiani delle credenze, restituendo una visione vivida del rapporto tra i vivi e i morti.

Le ricerche proseguiranno per approfondire sia la distribuzione spaziale delle tombe sia il contesto delle offerte trovate, con l’obiettivo di riconoscere eventuali differenze cronologiche e sociali. L’approccio multidisciplinare, che combina archeologia, antropologia fisica e analisi dei resti materiali, potrà offrire nuove risposte sulle dinamiche di una comunità che, nel corso dei secoli, ha lasciato tracce profonde non solo nel paesaggio ma anche nella memoria collettiva del territorio.

Queste sepolture restituiscono al passato la voce di una collettività che, attraverso la cura dei riti e la stratificazione delle pratiche commemorative, costruiva il proprio senso di appartenenza e trasmetteva valori, credenze e memoria da una generazione all’altra. Le scoperte di Olbia confermano quanto lo spazio funerario sia specchio della società e quanto le vicende delle comunità antiche possano ancora oggi restituirci insegnamenti preziosi sul modo di affrontare la morte, l’identità e il ricordo.