Monte San Giorgio. Scoperto fossile di Lariosauro con pelle intatta che riscrive la storia del nuoto preistorico

Sul Monte San Giorgio, tra Italia e Svizzera, un’équipe di ricercatori ha portato alla luce un fossile che promette di arricchire profondamente la conoscenza dei rettili marini triassici. Si tratta di un esemplare di Lariosaurus valceresii, predatore acquatico vissuto circa 240 milioni di anni fa nel Triassico medio, ritrovato in una straordinaria condizione di conservazione nella zona di Val Mara, nel Canton Ticino. Questo luogo, già inserito tra i patrimoni dell’UNESCO per l’eccezionalità dei reperti paleontologici, si conferma dunque culla di scoperte di rilievo mondiale.

La particolarità del reperto, catalogato con il codice MCSN 8713 e ora custodito al Museo cantonale di storia naturale di Lugano, consiste nella presenza di pelle fossilizzata praticamente su tutto il corpo dell’animale. Una condizione che consente agli studiosi di osservare, per la prima volta, la silhouette completa di un lariosauro, un rettile acquatico la cui etimologia richiama il Lago di Como, da cui prende il nome. A firmare la ricerca pubblicata sulla rivista Swiss Journal of Palaeontology sono tre studiosi italiani: Silvio Renesto, Cinzia Ragni e Fabio Magnani, impegnati rispettivamente presso l’Università dell’Insubria, l’Università di Torino e il museo di Lugano.

Proprio grazie all’eccezionale conservazione dei tessuti molli, è stato possibile analizzare dettagli particolarmente rari nel panorama dei fossili mesozoici. Le zone in cui sono ancora visibili porzioni di pelle hanno la consistenza di una pellicola di carbonio e svelano dettagli delle squame – sub-rettangolari, larghe fino a tre volte la loro lunghezza e non sovrapposte ma affiancate, una struttura affine a quella dei coccodrilli odierni piuttosto che alle lucertole. Il fossile mostra anche mani e piedi palmati, privi di artigli e completamente avvolti nella membrana, suggerendo una morfologia dell’arto più vicina a quella dei coccodrilli che alle forme pinnate di altri rettili acquatici come i plesiosauri.

L’esemplare di Lariosaurus valceresii rinvenuto è quasi completo: mancano solo alcune parti del cranio e presenta uno spostamento delle vertebre caudali, ma offre un quadro morfologico estremamente dettagliato dell’animale. I paleontologi sono riusciti a dedurre che questo rettile, lungo meno di un metro, era un predatore molto abile grazie a una muscolatura robusta, specialmente agli arti anteriori. Le nuove evidenze raccolte suggeriscono che il suo stile di nuoto fosse molto simile a quello delle foche attuali, caratterizzato da scatti veloci in acqua, una scoperta che sposta l’attenzione dalla precedente ipotesi che vedeva la coda come principale mezzo di propulsione, tipica ad esempio delle iguane delle Galapagos.

Monte San Giorgio, teatro di questa scoperta straordinaria, è noto da tempo per la ricchezza dei suoi giacimenti di fossili triassici, che includono pesci e numerosi rettili marini. Tuttavia, finora nessun lariosauro aveva restituito una simile quantità di informazioni sui tessuti molli e sulle caratteristiche cutanee. Precedenti ritrovamenti eccellenti provenivano principalmente dal versante italiano del Monte San Giorgio, mentre questo nuovo esemplare è stato portato alla luce nel territorio svizzero, durante una spedizione del 2023 condotta dal Museo cantonale di Storia Naturale di Lugano nell’area della Kalkschieferzone – nota come Calcare di Meride – una formazione geologica laddove si trovano spesso fossili triassici di grande rilievo.

L’importanza di questo fossile travalica l’oggetto dello studio stesso. Consente, attraverso lo stato di conservazione della pelle e la struttura degli arti, di fare luce sull’ecologia, sul comportamento e sull’adattamento dei rettili marini triassici, in un periodo in cui il pianeta era popolato da una sorprendente varietà di rettili acquatici, terrestri e volanti. La scoperta contribuisce a ridefinire le strategie di nuoto e le abitudini predatorie di questi animali, confermando che il Mesozoico non fu soltanto l’era dei dinosauri, ma anche di gruppi differenti e altrettanto evoluti come i mosasauri, gli pterosauri e gli stessi notosauri a cui appartiene il lariosauro.

L’esemplare, illustrato dagli studiosi Renesto, Ragni e Magnani, rappresenta dunque una pietra miliare per la paleontologia europea e accresce il valore del patrimonio di Monte San Giorgio, già celebrato nella comunità scientifica internazionale. Il ritrovamento dimostra come ricerche accurate e nuove tecnologie di analisi possano restituire informazioni inedite anche su animali vissuti centinaia di milioni di anni fa, aiutando a ricostruire sempre più nel dettaglio la storia naturale del nostro pianeta.