La pianura di Salisbury, nel sud-ovest dell’Inghilterra, è stata teatro di una scoperta capace di far luce su uno dei monumenti più enigmatici della preistoria europea. Nel luglio 2025, un importante studio condotto da un team britannico ha rivelato dettagli cruciali sul trasporto dei giganteschi massi di Stonehenge. I ricercatori, attraverso analisi geologiche e tecniche multidisciplinari, hanno confermato che questi colossali blocchi non giunsero in loco tramite fenomeni naturali, ma furono trasportati intenzionalmente dagli uomini del Neolitico, mettendo in secondo piano le ipotesi che suggerivano il ruolo dei ghiacciai.
La chiave di volta è stata l’esame di uno dei massi più antichi del sito, il cosiddetto “masso Newall”, risalente a cinquemila anni fa e rinvenuto durante scavi storici. Studi approfonditi sulla composizione mineralogica hanno stabilito che è una riolite foliata, originaria della contea gallese di Pembrokeshire, distante oltre 225 chilometri dalla pianura di Salisbury. Questo dato si lega a evidenze analoghe già raccolte sulle cosiddette “bluestones” e sulle mastodontiche “sarsen”, pietre provenienti da regioni diverse della Gran Bretagna e trasportate per centinaia di chilometri con mezzi e tecnologie che rimangono oggetto di dibattito tra gli studiosi.
L’indagine ha preso in esame anche le leggende medievali, che attribuivano a giganti o al mago Merlino il compito di erigere il monumento. Le prove scientifiche, tuttavia, hanno spinto oltre la soglia del mito, restituendo ai costruttori del Neolitico una straordinaria capacità organizzativa. Le comunità che popolavano il Regno Unito cinquemila anni fa sarebbero riuscite a orchestrare il trasporto di massi dal peso di oltre 3,5 tonnellate attraverso paesaggi accidentati, utilizzando un sistema di slitte, rulli in legno e corde di cuoio. Elementi che testimoniano una lunga catena logistica, una rete di supporto con cibo, animali da traino e riparo lungo il percorso, e una conoscenza sorprendente della fisica applicata.
A rafforzare l’ipotesi umana si aggiunge la scoperta recente di un dente di bovino conservatosi perfettamente, rinvenuto nei pressi di Stonehenge e risalente alla stessa epoca della costruzione. Le analisi isotopiche hanno collegato il dente direttamente al Galles, suggerendo che il bestiame svolgesse un ruolo fondamentale nella migrazione dei massi, sia come fonte di nutrimento per i lavoratori, sia probabilmente come forza motrice per il trasporto stesso. Il viaggio delle pietre non fu dunque un mero spostamento di materiali, ma una vera e propria impresa collettiva che coinvolse uomini, animali e risorse su larga scala, confermando il valore simbolico che il sito riveste come luogo di incontro e cooperazione tra antiche popolazioni.
Tra le pietre che compongono la struttura, la cosiddetta “Pietra dell’Altare” merita particolare attenzione. Le recenti analisi mineralogiche hanno suggerito una provenienza ancora più lontana: il substrato roccioso della Scozia nord-orientale, a oltre settecento chilometri dalla pianura di Salisbury. Questo trasporto avrebbe richiesto una logistica ancor più sofisticata, con tecniche che gli archeologi cercano di decifrare studiando tracce di antichi sentieri, strumenti e resti di materiale organico. La presenza di questa pietra al centro del cerchio monumentale arricchisce il mosaico storico e geologico di Stonehenge, dando prova della sua unicità rispetto ad altri siti megalitici europei.
Sul piano simbolico, la recente ricerca ha rilanciato teorie che vedono Stonehenge come epicentro di una grande migrazione, e forse come luogo sacro dove popoli diversi convergevano. Il trasporto volontario dei massi da regioni lontane potrebbe riflettere non solo esigenze rituali e spirituali, ma anche volontà di unione tra comunità disseminate nelle isole britanniche. In questo senso, Stonehenge si ergerebbe a testimonianza della crescita sociale e culturale delle genti neolitiche europee, capaci di progettare, coordinare e portare a compimento opere straordinarie.
Al termine delle indagini, resta la meraviglia per una civiltà capace di compiere simili imprese con mezzi semplici, ma con una determinazione e un ingegno che lasciano ancora oggi senza parole. Gli archeologi continuano a sondare il passato di Stonehenge, affascinati dall’intreccio tra mito, storia e scienza, e dalla certezza che dietro ogni pietra si nasconde il racconto millenario di una comunità in viaggio.

