Venezia – La storia della celebre scultura del leone alato che sovrasta la Piazza San Marco si arricchisce di nuovi dettagli sorprendenti, grazie a una recente ricerca coordinata dal team di Massimo Vidale, archeologo dell’Università di Padova. Ogni anno, milioni di persone attraversano il centro della città lagunare passando sotto lo sguardo vigile del Leone di Venezia, simbolo della Serenissima e della sua potenza, collocato in cima a una colonna di granito che guarda la Basilica e il Palazzo Ducale. Tuttavia, la vera origine di questa effigie millenaria è rimasta per secoli avvolta nel mistero, tra incertezze e ipotesi mai confermate da dati scientifici.
Lo studio italiano, pubblicato sulla rivista Antiquity, ha gettato nuova luce su uno degli enigmi storici più affascinanti di Venezia. Gli studiosi hanno analizzato campioni prelevati durante un restauro del 1990 attraverso il metodo degli isotopi del piombo, risalendo alle origini delle materie prime utilizzate per la fusione dell’antico bronzo. Il verdetto degli esperti è inequivocabile: il rame utilizzato per creare la scultura proviene dalla zona del fiume Yangtze, in Cina, a migliaia di chilometri dal Mediterraneo. Un dato che sposta enormemente a est l’orizzonte delle possibili origini della statua, superando le ipotesi che la volevano realizzata a Venezia nel dodicesimo secolo o in qualche fonderia dell’Anatolia, della Siria o addirittura di Costantinopoli. Proprio la colonna che sorregge il leone pare provenire da questa antica metropoli, probabilmente portata a Venezia in seguito al saccheggio del 1204, poco prima che si formasse il mito del Leone di San Marco che conosciamo oggi.
Ma il racconto riserva altri colpi di scena: secondo la ricerca, la scultura non rappresenterebbe affatto un leone europeo, ma avrebbe in realtà l’aspetto di uno “zhenmushou”, una creatura ibrida, tipica della scultura funeraria cinese della dinastia Tang, vissuta tra il 618 e il 907 dopo Cristo. Questi guardiani delle tombe avevano una funzione apotropaica e si distinguevano per alcuni tratti ornamentali ricorrenti: muso da leone, criniere a fiamma, corna che però venivano spesso rimosse, ali sollevate attaccate alle spalle, orecchie a punta e, a volte, caratteristiche facciali vagamente umane. Ancor oggi alcuni esemplari conservati nei musei cinesi mostrano una somiglianza sorprendente con il Leone di Venezia, soprattutto per il naso voluminoso e le proporzioni del volto.
Le modifiche subite dalla statua nel corso dei secoli confermano la sua lunga e complessa storia: le ali attuali sono state aggiunte in età moderna, le orecchie sono state accorciate e le corna originali eliminate, probabilmente per conformarsi alle aspettative di stile e iconografia del leone veneziano. L’unico documento storico che fa cenno diretto alla presenza della statua risale al 1293, quando già necessitava di restauri, senza fornire dettagli precisi su quando e come sia arrivata a Venezia. La teoria degli studiosi si spinge ad attribuire un ruolo decisivo al viaggio avventuroso di Niccolò e Maffeo Polo, padre e zio di Marco Polo, i quali intorno al 1265 visitarono la corte dell’imperatore mongolo Kublai Khan a Khanbaliq, la moderna Pechino. Sarebbero stati loro, commercianti d’ingegno e spirito d’intraprendenza, a trovare il manufatto in Asia orientale, magari proprio tra le vestigia di tombe o nelle collezioni imperiali, e a spedirlo poi verso la Serenissima attraverso le vie carovaniere della Via della Seta — seguendo un’intuizione di rilevante originalità, soprattutto in un’epoca in cui il leone era stato appena scelto come simbolo ufficiale della Repubblica.
Se la vicenda appare già ricca di peripezie, la storia della statua non si conclude a Venezia. Nel 1797, a seguito della sconfitta della Serenissima per mano delle truppe francesi guidate da Napoleone Bonaparte, la scultura venne trasferita a Parigi insieme ad altre opere d’arte, proseguendo così il suo viaggio attraverso l’Europa prima di fare finalmente ritorno nella città lagunare. Oggi, l’antico leone osserva silenzioso la folla di turisti e cittadini, testimone di un racconto millenario che intreccia culture, rotte commerciali e poteri imperiali lontani, restituendo a Venezia il fascino di una capitale globale ben prima che il termine fosse coniato.
La complessa storia della scultura si riflette nella sua materia stessa: la sua lega non solo porta la firma geologica della lontana Cina, ma racconta anche la capacità di Venezia di accogliere patrimoni e storie provenienti da ogni angolo del mondo. Studio, analisi e intuizione storica hanno permesso di aggiungere un tassello fondamentale alla comprensione di uno dei simboli più amati della città, che oggi si offre allo sguardo come un autentico ponte tra mondi diversi.