Nel territorio montuoso della provincia di Ciudad Real, in Spagna, un’équipe di ricercatori ha recentemente condotto uno studio che ha portato alla luce un intreccio tra storia naturale e umana rimasto celato per secoli. Gli scienziati, guidati da Antoni Margalida dell’Istituto per la Ricerca sulla Selvaggina e sulla Fauna Selvatica, si sono dedicati all’analisi stratigrafica di dodici antichi nidi di avvoltoio barbuto (Gypaetus barbatus), rapace oggi estinto nella regione da almeno settanta anni. Questi volatili, noti per la costruzione di imponenti strutture nidificatorie, scelgono per la loro dimora grotte asciutte e ripari nella roccia, condizioni che hanno favorito la conservazione dei materiali accumulati nei secoli.
All’interno di questi nidi, tra gusci d’uova e resti di prede trasportate dagli avvoltoi, sono emersi più di duecento oggetti di origine umana: testimonianze che abbracciano secoli di vita quotidiana e pratiche artigianali. Tra gli artefatti spiccano una fionda realizzata con fibre di esparto, calzature, una punta di balestra, un frammento di cuoio decorato derivato da pelle di pecora, una porzione di intreccio da cesta e una lancia di legno. Questi reperti, recuperati con tecniche archeologiche tradizionali, sono stati datati attraverso l’analisi con il radiocarbonio, rivelando l’esistenza di manufatti risalenti a oltre seicento anni fa.
L’ambiente in cui sono stati trovati questi oggetti è fondamentale per comprenderne la straordinaria conservazione. I nidi degli avvoltoi barbuto, strutture che possono essere riutilizzate per centinaia di anni e costantemente rinnovatate da generazioni di uccelli territoriali, rappresentano un archivio stratificato di materiali naturali e artificiali. L’abitudine delle grandi aquile e avvoltoi di raccogliere elementi diversi per rinforzare le proprie dimore contribuisce alla creazione di veri e propri depositi, in cui resti organici e oggetti umani vengono lentamente inglobati e protetti dall’azione degli agenti atmosferici.
Questi artefatti non rappresentano solo frammenti di manufatti, ma costituiscono una finestra privilegiata sulle attività locali e sulle pratiche dei piccoli insediamenti disseminati sulle montagne della Mancha. Studiando gli oggetti recuperati e le loro caratteristiche, i ricercatori possono ricostruire aspetti della cultura materiale delle popolazioni rurali e delle comunità pastorali che hanno frequentato questi territori. La presenza di utensili come la fionda e la lancia suggerisce la diffusione della caccia e della pastorizia, mentre frammenti di calzature e cesterie testimoniano tecniche artigianali sopravvissute nei secoli.
L’analisi degli strati che compongono i nidi consente inoltre di tracciare l’evoluzione della biodiversità locale. Fra gli elementi recuperati, oltre agli artefatti umani, emergono numerosi resti di fauna – sia come prede trasportate dagli uccelli, sia come tracce di cambiamenti ambientali. Questo patrimonio permette di ricostruire non solo le abitudini alimentari degli avvoltoi barbuto, ma anche la composizione della fauna selvatica dell’area in epoche diverse. La stratificazione dei materiali può offrire informazioni sui periodi in cui si sono verificati mutamenti climatici, sull’impatto delle attività umane e sull’interazione tra l’ambiente e le specie animali che lo popolavano.
Gli studiosi sottolineano come lo studio di questi nidi rappresenti una risorsa preziosa per la conoscenza storica ed ecologica della regione. Oltre a gettare luce sull’uso del territorio in epoche remote, l’esame dettagliato degli oggetti ritrovati può fornire dati utili alla valorizzazione delle tradizioni artigiane e delle strategie di adattamento delle comunità rurali. Antoni Margalida evidenzia anche il possibile contributo di queste ricerche agli attuali programmi di reintroduzione dell’avvoltoio barbuto nelle montagne spagnole: comprendere le dinamiche storiche e ambientali può favorire interventi più mirati per la protezione e il ripristino della specie in habitat idonei.
Il caso dei nidi analizzati a Ciudad Real si inserisce quindi in un più ampio contesto internazionale di studi che esaminano il legame tra animali e reperti, come nel caso degli artigli di aquila usati dai Neandertal come ornamenti. Tali ricerche sottolineano la potenzialità delle osservazioni interdisciplinari tra zoologia, archeologia e storia, capaci di offrire nuove letture su interazioni complesse tra uomo, fauna e ambiente. Mentre proseguono le indagini sulle stratificazioni residue dei nidi spagnoli, gli studiosi confidano di portare alla luce ulteriori dati utili per decifrare le vicende naturali e culturali di questa regione, arricchendo il quadro delle conoscenze sulle relazioni millenarie fra esseri umani e rapaci nel Mediterraneo occidentale.