SANLIURFA, TURCHIA—Nelle campagne della provincia di Şanlıurfa, una scoperta archeologica di straordinaria importanza ha recentemente arricchito la comprensione delle antiche civiltà dell’Anatolia meridionale. Durante gli scavi presso il sito neolitico di Karahantepe, gli archeologi hanno portato alla luce una monumentale colonna a forma di “T”, scolpita con un volto umano ben definito nella sua parte superiore. Il ritrovamento arricchisce ulteriormente il panorama di ricerche che da anni si concentrano su un’area ritenuta tra le culle delle prime forme di socialità umana e di architettura monumentale.
Il pilastro, che si distingue per le profondità delle orbite oculari e per il naso largo e spianato, manifesta una lavorazione sofisticata e consapevole, indice di una cultura in grado di rappresentare elementi antropomorfi già 12.000 anni fa. La testa, con linee nette e proporzioni pensate, sembra custodire segreti antichissimi, mostrando come la raffigurazione umana fosse già centrale nella simbologia dei primi gruppi stanziali. Il rinvenimento è avvenuto nell’ambito delle attività condotte dal progetto “Stone Mounds”, che si è concentrato sull’indagine delle strutture megalitiche presenti nel sito.
Karahantepe, insieme a siti come Göbeklitepe, compone un quadro archeologico in rapida evoluzione, caratterizzato dalla presenza di pilastri monumentali decorati con forme stilizzate di arti e volti umani. I siti, infatti, condividono molteplici elementi architettonici e artistici: a Göbeklitepe, sono stati individuati pilastri ornati da braccia e mani scolpite, mentre a Karahantepe la nuova scoperta aggiunge la rappresentazione del volto, completando così lo spettro di raffigurazione del corpo umano nell’arte neolitica. Secondo gli studiosi, questi monumenti non avevano soltanto una valenza architettonica, ma costituivano veri e propri veicoli di comunicazione simbolica e spirituale per le comunità che li erigevano.
Gli archeologi evidenziano come la qualità e la cura della scultura rispondano a esigenze rituali, celebrative o legate all’identità del gruppo umano stanziatosi nell’area. La colonna appena rinvenuta testimonia l’esistenza di una tradizione artistica in grado di anticipare di millenni le rappresentazioni antropomorfe delle civiltà storiche successive. Essa pone domande cruciali sulle modalità di interazione sociale e sulle pratiche religiose di una comunità che operava in uno dei territori più fertili di tutta la Mezzaluna Fertile.
Lo scavo ha portato al centro del dibattito accademico il tema della funzione di questi pilastri monumentali. Le ipotesi prevalenti suggeriscono che potessero servire da elementi portanti per tetti di strutture cerimoniali, ma anche da simboli totemici associati a divinità ancestrali o antenati, mentre la presenza di volti scolpiti viene interpretata come indizio di una percezione avanzata del concetto di individuo nella mentalità neolitica. La posizione e l’orientamento delle colonne, il loro inserimento in complessi circolari e la ripetizione di motivi figurativi sono analizzati dai ricercatori alla ricerca di connessioni con rituali comunitari e pratiche di aggregazione e culto.
L’area di Şanlıurfa sta mostrando una densità di testimonianze preistoriche che consentono di delineare i contorni di una società organizzata e dotata di grandi competenze tecniche. La lavorazione della pietra, la selezione delle forme e l’iconografia impiegata non sono casuali, ma rispondono a precise necessità culturali e simboliche. Lo scenario che emerge dagli ultimi studi e dai ritrovamenti, come quello di Karahantepe, vede l’Anatolia quale polo di innovazione e di elaborazione artistica, ben prima dell’affermarsi delle scritture e delle società urbane.
Il pilastro inciso, che si aggiunge alle molteplici tracce di architettura megalitica dell’area, stimola nuove ricerche e approfondimenti sul rapporto tra arte, religione e spazio costruito nei primi villaggi neolitici. Attraverso l’analisi dei dettagli anatomici rappresentati e delle tecniche di lavorazione impiegate, gli studiosi auspicano di poter comprendere meglio le intenzioni delle antiche comunità e il significato che esse attribuivano a questi straordinari monumenti, che continuano a emergere dal suolo turco e a interrogare la scienza contemporanea.
La scoperta di Karahantepe, inserita nel quadro degli studi sull’archeologia dell’Anatolia, alimenta il dialogo internazionale sulla genesi dell’arte e dell’edilizia monumentale. Il pilastro scolpito conferma la centralità di questa regione nella storia delle origini umane, offrendo una nuova, preziosa testimonianza della capacità creativa e organizzativa delle comunità neolitiche. L’approfondimento degli scavi promette di restituire ulteriori indizi sui modi di vita, sulle credenze e sulle relazioni sociali dei primi abitanti di un territorio che, ancora oggi, continua a stupire e a rivelare la profondità delle sue radici.