Gneo Domizio Corbulone è stato un importante generale romano del primo periodo imperiale sotto gli imperatori Caligola, Claudio e Nerone: un personaggio spietato crudele e dal carattere straordinariamente duro. Ottenne grandi vittorie contro le tribù germaniche dei Cauci e dei Frisi ma fu protagonista anche di ulteriori successi militari in Oriente contro l’impero dei parti riuscendo a riconquistare l’Armenia.
La sua vita ebbe termine quando l’imperatore Nerone lo sospettò di essere parte di un complotto contro di lui e lo costrinse al suicidio.
La manutenzione delle strade
Gneo Domizio Corbulone era il fratellastro di Milonia Cesonia, l’ultima moglie dell’imperatore Caligola: fin dall’inizio della sua giovane età dimostrò grandi doti da militare e da generale e venne particolarmente apprezzato dai soldati e dallo Stato maggiore dell’esercito romano.
Lla prima occasione di ottenere un incarico importante per Corbulone si verificò grazie alla necessità di eseguire la manutenzione delle strade imperiali: in quel periodo i privati che avevano ottenuto gli appalti stavano trascurando i propri compiti e I magistrati che avrebbero dovuto indagare sulle inefficienze del sistema venivano sistematicamente corrotti. Era quindi necessario l’intervento di un Commissario straordinario che potesse riattivare la manutenzione delle strade per garantire il passaggio di uomini e merci nel territorio continentale dell’impero: Corbulone si fece avanti e si aprì in Senato una discussione accesa, come ci racconta Tacito nei suoi annales, libro 15 capitolo 24.
Corbulone aveva dalla sua parte l’età, la famiglia imperiale e la maggior parte dei senatori più anziani ma ad avere dei sospetti e dei dubbi sulla sua nomina vi erano due importanti aristocratici come Lucio Arrunzio e Mamerio Scauro: quest’ultimo era il miglior relatore del suo tempo in Senato. Si consumò una vera e propria battaglia verbale e la situazione si sbloccò quando Scauro modificò la sua opinione ed iniziò ad appoggiare Corbulone.
Ottenuto l’incarico Corbulone agì immediatamente con grande durezza: durante le attività dimostrò particolare violenza e crudeltà eseguendo multe, punizioni e sequestri spesso privi di chiare motivazioni legali. Per questo motivo già sotto l’imperatore Claudio Corbulone fini sotto processo a seguito delle numerose lamentele da parte degli abitanti: al termine del procedimento l’uomo venne riconosciuto colpevole di sequestri illegali e venne condannato a una serie di risarcimenti nei confronti di diversi proprietari terrieri.
Corbulone contro Cauci e Frisi
La carriera di Corbulone tuttavia proseguì soprattutto grazie ad alcuni problemi che si stavano verificando sul fronte settentrionale e in particolare nel mondo germanico: la tribù dei Cauci comandata dal Generale Ganasco, un disertore dell’esercito romano, aveva cominciato a razziare i territori della Germania inferiore e attraverso alcune imbarcazioni leggere stava flagellando le coste della Gallia settentrionale che appariva, come diceva letteralmente Tacito “ricca e indifesa”.
Corbulone ottenne l’incarico di seguire questa missione militare e al suo arrivo sul campo di battaglia trovò un esercito fortemente impreparato dove i veterani, sempre secondo Tacito, “avevano dimenticato come scavare un fossato, come costruire una palizzata e vivevano nella già dimentichi dei loro doveri“. Corbulone intervenne in maniera straordinariamente dura, aumentando i turni e elargendo pesanti punizioni. Esigente di una disciplina ferrea sostituì una parte di soldati con nuove leve più obbedienti e preparate: secondo alcune dicerie mise anche a morte due soldati per la sola colpa di portare un pugnale anziché la spada.
Anche se si tratta di voci non credute nemmeno dalle fonti antiche si tratta di un buon esempio della durezza che Corbulone operò nei confronti dei suoi soldati. Il comportamento di Corbulone sortì gli effetti previsti e i Legionari ritornarono rapidamente agli ordini. Marciando all’interno della Gallia raggiunse il fiume Reno e utilizzò questo corso d’acqua per far viaggiare le sue triremi, costruendo per l’occasione anche un canale artificiale noto come Fossa Corbulonis: in questo modo penetrò rapidamente nel territorio nemico e si scontrò in una battaglia con gli uomini di Ganasco.
Per Corbulone la vittoria fu immediata: Ganasco fu costretto alla fuga e pagando una serie di disertori fu in grado di farlo uccidere. Di lì a poco anche la tribù dei Frisi venne a contatto con l’esercito romano: dopo piccoli scontri iniziali i Frisi si resero conto della pericolosità di Corbulone e consegnarono immediatamente degli ostaggi, ovvero i figli delle più nobili famiglie aristocratiche germaniche come segno di sottomissione a Roma che vennero fatti stabilire in un territorio deciso da Corbulone dove iniziare a rispettare le leggi romane e a pagare tributi regolari.
La campagna di Corbulone stava procedendo con grandissimi successi, ma la sua posizione per il nuovo imperatore Claudio stava diventando pericolosa: una personalità così forte al comando di tanti uomini poteva rapidamente trasformarsi in un pretendente al trono. Per questo motivo l’imperatore Claudio ordinò il ritiro delle truppe e quando la lettera che intimava di interrompere la campagna militare raggiunse Corbulone sul campo di battaglia il militare iniziò a pensare a diversi scenari.
Tuttavia, dopo alcune riflessioni, scelse di rimanere fedele all’imperatore e si limitò ad esclamare la frase “Beati i comandanti romani di una volta“, intendendo dire che i generali nel passato avevano la possibilità di operare le loro conquiste senza essere interrotti dal loro Imperatore.
Per non demoralizzare eccessivamente l’esercito Corbulone ordinò la costruzione di un nuovo canale nella zona tra il fiume Mosa e il Reno: tornato a Roma è dimostratosi obbediente a Claudio, gli venne tributato il trionfo meritato e raggiungendo la ribalta delle cronache, iniziò ad essere considerato uno dei generali più promettenti del suo periodo.
Le guerre contro i Parti di Tiridate
Una nuova fase della vita di corbulone si aprì in occasione delle guerre romano-partiche: i Parti avevano sempre rappresentato in Oriente un pericolo per i romani, in particolare il loro re Vologese IV aveva avviato una politica estera piuttosto aggressiva e stava minacciando il territorio della Armenia, che era sempre stato uno stato cuscinetto tra i romani e i parti.
Inizialmente i romani agirono tentando la via della diplomazia: Corbulone con due legioni venne affiancato da Ummidio, un altro generale con altrettante legioni. Vennero richiesti a Vologase alcuni ostaggi per dimostrare la volontà di non combattere contro Roma. Forse perché cercava di prendere tempo per organizzare meglio la guerra o forse perché afflitto dalla ribellione di suo figlio, Vologase accettò di consegnare gli ostaggi, che si recarono presso gli accampamenti di un medio.
Ma Corbulone, che si riteneva il capo della spedizione, inviò un suo centurione per intercettarli e portarli al suo accampamento: nacque così una polemica e per non far vedere che i soldati romani litigavano fra di loro di fronte agli ostaggi nemici, si decise di lasciar scegliere direttamente agli ostaggi presso chi preferivano andare.
Questi decisero di recarsi da Corbulone il cui nome era evidentemente più noto rispetto a Ummidio. Dopo questo primo particolare episodio Corbulone ebbe nuovamente necessità di ricondurre il proprio esercito sotto controllo: gli uomini erano pigri, non combattevano da mesi e le legioni romane versavano in uno stato di ozio molto pericoloso.
Ancora una volta Corbulone utilizzò tutta la sua spietatezza per riprendere il controllo dei Legionari: li fece accampare in luoghi sperduti dal clima pessimo e gli fece realizzare delle costruzioni a tempo di record esigendo da loro la massima obbedienza. Si narra addirittura di un legionario che dovendo infilare un palo nel terreno in una zona ghiacciata aveva le mani talmente congelate che queste si ruppero e gli caddero dalle braccia.
La “ricetta” di Corbulone funzionò nuovamente e i legionari romani furono ben presto pronti a riprendere la guerra contro i Parti. al comando partico è raggiunto nel frattempo il fratello Tiridate. Tiridate evitò lo scontro campale dando inizio a una attività simile alla guerriglia: Corbulone allora divise l’esercito in più parti e chiese ad alcuni alleati fra cui Antioco VI e Farasmane, di compiere delle incursioni nel territorio nemico.
Nel frattempo continuò a stringere alleanze con i principi e i signori locali per portare dalla sua parte quanti più uomini possibile. Tiridate cercò a questo punto di ordire un tranello ai danni di Corbulone facendo finta di voler discutere della pace e convocò il generale romano in un luogo a lui favorevole. Normalmente quando due generali si incontravano venivano accompagnati da una nutrita guardia del corpo: Tiridate disse che Corbulone poteva essere accompagnato da tutti i Legionari che voleva a patto che questi fossero privi delle armature, a dimostrazione della loro non bellicosità.
Corbulone si rese conto però che i suoi uomini sarebbero stati esposti al tiro degli arcieri parti e che il suo opposto gli stava probabilmente tendendo un’imboscata: per questo motivo l’incontro non ebbe mai luog. Tiridate allora cercò di attaccare le linee di rifornimento dei romani, che in quella zona erano particolarmente lunghe e complesse, ma Corbulone aveva posizionato per tempo una serie di roccaforti a difesa a dei rifornimenti e gli attacchi dei Parti si rivelarono completamente inefficaci. Tutte le relazioni diplomatiche poste in atto si rivelarono completamente inutili e si giunse allo scontro aperto.
La conquista di Artaxata e Tigranocerta
La battaglia di Corbulone contro Tiridate scoppiò violenta: il romano decise di marciare immediatamente contro la città di Artaxata, una delle principali roccaforti dell’Armenia e Tiridate inviò più volte i propri uomini ad attaccare i Legionari Romani con la tecnica del “mordi e fuggi“, cercando di fargli perdere la posizione e e annientarli. Ma Corbulone, grazie alla sua disciplina ferrea, riuscì ad ottenere ordine e rigore da parte dei contingenti romani, i quali non abbandonarono le posizioni e l’ordine di marcia.
In questo modo i tentativi di Tiridate furono del tutto inutili e la città, di fronte ad un generale tanto caparbio e deciso, decise di aprire le porte: fattore che portò Corbulone a risparmiare la vita gli abitanti. Di lì a poco Corbulone attaccò anche Tigranocerta, la capitale dell’ Armenia.
Durante la sua avanzata contro Tigranocerta, Corbulone venne a sapere che alcuni Legionari stavano organizzando una cospirazione per ucciderlo, ordita probabilmente da agenti segreti inviati dai parti: fu in grado di individuare in tempo i responsabili e lì condannò a morte. La testa di uno dei congiurati venne lanciata all’interno delle mura di Tigranocerta e secondo le fonti cadde esattamente nel luogo dove si teneva il consiglio della città.
Anche questa aprì le porte a Corbulone sperando nel suo perdono e senza particolare sforzo i Legionari romani conquistarono la capitale armena. Tiridate non si diede però per vinto e mise sotto assedio la città con gran parte del suo esercito: Corbulone però, con una sortita improvvisa dei suoi Legionari, fu in grado di respingere gli avversari e di mantenere il controllo su Tigranocerta.
La campagna volgeva al termine quando sul campo di battaglia arrivo Lucio Ceseno Peto, un console inviato dall’imperatore Claudio per il proseguio della guerra partica: Peto desiderava infliggere nuove sconfitte ai Parti, ma il suo intervento fu una un disastro. Non conoscendo il territorio i Legionari Romani vennero più volte accerchiati e sconfitti: addirittura subirono l’umiliazione essere rapinati dagli uomini di Tiridate.
A Corbulone venne riassegnato quindiil comando delle operazioni con un contingente militare di grandi dimensioni: 7 legioni più gli ausiliari per un totale di 50000 uomini che iniziarono a marcialre nuovamente contro il nemico. Tiridate venne subito ai patti rendendosi conto che era necessario trovare una mediazione con Roma: i due si incontrarono nella città di Radeglia. Giunsero a degli accordi che prevedevano che Tiridate diventasse il nuovo re dell’ Armenia ma come sovrano scelto e incoronato dall’imperatore Nerone che nel frattempo era salito al trono.
Iin questo modo l’Armenia diventava un protettorato romano a tutti gli effetti: Tiridate accettò di recarsi a Roma per l’incoronazione e di fare formale e pubblico atto di sottomissione a Nerone. La guerra era stata sostanzialmente vinta dai Romani e l’Armenia era ritornata sotto la diretta influenza dell’imperatore.
I sospetti di Nerone e la morte di Corbulone
La fine per corbulone arrivò inaspettata e fu dovuta sostanzialmente ad un malinteso: l’imperatore Nerone era ormai inviso da diverso tempo allo Stato maggiore dell’esercito romano. Il suo governo dissennato, le sue paranoie personali e gli atti di crudeltà che ogni tanto compiva avevano causato diversi malumori che sfociarono nella congiura di Viniciano.
La congiura fu scoperta in tempo da Nerone e iniziarono una serie di condanne ed esecuzioni sommarie: vennero giustiziati tutti coloro che appartenevano al complotto ma anche persone solo lontanamente sospettate e che a volte non c’entravano nulla. La posizione di Corbulone iniziò a farsi pericolosa per il semplice motivo che Viniciano, il capo della congiura, era suo genero e Nerone sospettò inevitabilmente anche di Corbulone nel famoso viaggio in Grecia che Nerone compì. Di lì a poco il generale romano venne convocato, i due si incontrarono e il generale comprese le intenzioni dell’imperatore. L’uomo, intenzionato a finire con onore la propria vita senza lasciarsi catturare dagli emissari di Nerone, afferrò la spada e se la conficcò nel petto: secondo la tradizione avrebbe urlato la parola greca “Axios” che significa “sono degno”, probabilmente indicando che quella era la morte degna di un grande generale del suo livello.
L’intervento di Corbulone fu fondamentale per limitare le incursioni delle tribù germaniche e per riprendere un controllo importante sull’Armenia. Si trattò di una figura importante per il suo tempo: il principale generale assieme a Gneo Giulio Agricola in Britannia. La sua scomparsa per via dei sospetti di Nerone rappresentò un duro colpo per l’esercito romano che privò il trono imperiale di un personaggio straordinariamente spietato ma anche grandemente efficace.